La questione salariale è la prima sul tavolo del confronto iniziato il 30 maggio e che andrà avanti a giugno. I sindacati parlano di "distanza siderale con Federmeccanica”. È una trattativa che ci farà capire molto del futuro del tessuto industriale italiano e delle relazioni sindacali

La questione dei salari è uno dei temi più critici per il Paese, tra lavoro povero – a fronte dell’evidente crescita dell’occupazione – e una situazione economica complessa come non mai e ancora segnata dall’inflazione.
Il 30 maggio ha preso formalmente avvio la trattativa per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici. È un appuntamento sempre di rilievo per le relazioni industriali in Italia. Insieme a quello della chimica, quello metalmeccanico è, di fatto, il settore guida dell’industria e, perciò, del lavoro privato di questo Paese.
Quello metalmeccanico è stato, storicamente, il faro del processo delle relazioni industriali in un arco storico che va dall’accesa conflittualità degli anni 70 alla forma più concertativa delle ultime stagioni.
Dunque, in quest’epoca, segnata da grandi crisi di scala globale che riguardano i processi economici quanto quelli democratici, il confronto in fase di avvio tra le associazioni delle due parti (per le imprese Federmeccanica e Assistal, per i lavoratori Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil), è da tenere d’occhio perché molto ci dirà sul futuro del tessuto industriale italiano e delle relazioni sindacali.

Le comunicazioni fatte dalle organizzazioni delle imprese e dei lavoratori, contestualmente al primo incontro, individuano il perimetro di una trattativa che muove da toni positivamente interlocutori, ma molto distanti nei contenuti, e che segnala il tema dei salari come il nodo più insidioso di questo percorso. Tutte le parti ricordano i passi avanti fatti in precedenza in uno dei contratti più moderni del nostro panorama industriale: la contrattazione di secondo livello, i temi Esg (Environmental, social e governance) strettamente legati a quello della sostenibilità, il welfare aziendale, le economie di scala, le riforme per la competitività. Tema, quest’ultimo, che lo stesso Mario Draghi ha indicato come centrale per il futuro del Paese, collocandolo nel contesto europeo come pilastro per reggere il confronto globale con Cina e Usa, che sono i veri antagonisti politici ed economici che si contendono la supremazia economico-politica del mondo intero. Per fronteggiare i quali l’Europa si deve organizzare se non vuole soccombere nella contesa globale. Uno scenario gigantesco nel quale perfino il ragionamento su questo contratto di categoria si deve inserire. L’industria italiana è in crisi in tutti suoi settori principali, lo dimostrano tutti gli indicatori, inclusa l’elaborazione dei dati sulla Cassa integrazione nel mese di aprile appena diffusa dal nostro Centro Studi di Lavoro&Welfare.

Dove si impernia, dunque, l’aspetto più critico nell’avvio di questo percorso contrattuale? Spiega Federmeccanica, in quello che dialetticamente indica come il “confronto con la realtà”, che il vasto e articolato settore metalmeccanico «da diversi trimestri è in difficoltà con una produzione industriale praticamente ferma o in calo considerando gli stessi periodi dell’anno precedente. La seconda dimensione della realtà riguarda gli effetti e i risultati del modello in essere, considerando sia il livello nazionale che quello aziendale. Gli adeguamenti retributivi dei minimi di garanzia riconosciuti nella vigenza del Contratto non hanno precedenti e non hanno eguali. Solo nella metalmeccanica ci sono state risposte così sostanziose nel periodo di alta inflazione, che è il momento più difficile per le persone». Ancora, «non esiste nessun contratto nazionale in nessun settore, eccetto il nostro, che ha determinato, in un anno solare e in un’unica soluzione, un incremento analogo a quello riconosciuto a giugno 2023 ai dipendenti metalmeccanici e della installazione di impianti, pari a 123,4 euro lordi mensili (livello C3), praticamente più del valore di un intero rinnovo. Con molta probabilità a giugno 2024 verrà riconosciuto un incremento sempre molto sostanzioso. Difatti l’esatta determinazione degli incrementi di ciascun anno è possibile soltanto quando viene reso noto dall’Istat il dato aggiornato dell’Ipca». L’Ipca è l’Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea, adottato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile tra le economie dei Paesi membri dell’Unione Europea.
Ora, affermano gli industriali, «è doveroso evidenziare quali sono i margini di profitto delle aziende metalmeccaniche per comprendere bene gli effetti che la contrazione della marginalità può determinare, sia dal punto di vista della capacità di innovare, sia dal punto di vista della possibilità di redistribuire ricchezza. Anche produrre diventa un’operazione a forte rischio perdita se non si esce da quella spirale di incremento dei costi a cui stiamo assistendo ormai da troppo tempo. […] In sostanza l’inflazione in tantissimi casi è stata pagata due volte, adeguando gli stipendi dei dipendenti e pagando di più nelle maglie della catena del valore, senza poter trasferire a valle i relativi incrementi dei costi. Si può ben comprendere cosa abbia significato questo scenario per chi già si trovava in una situazione di marginalità molto difficile. È ben noto che la contrazione dei profitti incide anche sulla capacità delle Imprese di fare investimenti, ed è sempre necessario mantenere una quota di ricchezza da destinare all’innovazione per dare un futuro alle aziende e ai loro collaboratori».

Di diverso parere sono state le dichiarazioni delle organizzazioni sindacali che hanno parlato di «distanza siderale con Federmeccanica». Le richieste dei sindacati sono di un aumento mensile lordo di 280 euro (valore medio).
A giugno si svolgerà il primo di una serie di incontri programmati dalle parti. Incontro che sarà imperniato proprio sulla questione dei salari. Lì sarà messa effettivamente sul tavolo la questione delle retribuzioni e si comprenderà l’impatto che essa avrà sul percorso di rinnovo di un Contratto centrale per il tessuto produttivo del Paese. E se un modello contrattuale estremamente avanzato potrà reggere l’impatto della dura realtà contemporanea.

IL FERMAGLIO di Cesare Damiano, già sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare