È stata una giornata nera per le giovani generazioni europee anche se devono avervi non poco contribuito con il loro voto. L’estrema destra avanza ovunque, conquista la Francia e l’Austria, assedia la Germania. Il sogno di Ventotene, un’Europa libera e unita o libera perché unita, si allontana tra le urla scomposte di vecchi e nuovi nazionalismi che, mentre reclamano la pace, preparano altri conflitti intereuropei.
Non è, però, la guerra russo-ucraina la causa prima della marea nera che ha investito l’Europa. Le sacrosante ragioni della pace non escono rafforzate dal voto né il voto ha premiato le liste che più si sono spese in quella direzione. Ancora una volta è il disagio sociale provocato dal liberismo e dalla contrazione del welfare a spingere l’elettorato a destra o a fargli disertare le urne.
Nel nostro Paese l’astensione, nonostante i seggi siano rimasti aperti un terzo di ore in più rispetto al 2019, ha varcato la soglia del 50%, certificando che la maggioranza assoluta degli italiani è convinta che la sua sorte poco abbia a che fare con le decisioni che si prendono a Bruxelles.
La prova che il risultato elettorale è stato scarsamente condizionato dal conflitto in Ucraina viene proprio dall’Italia dove le forze politiche che avevano fatto della pace la prima bandiera della loro campagna elettorale sono uscite tutte malconce.
La lista di Santoro non raggiunge neppure il 3%, la Lega di Salvini crolla dal 34% del 2019 al 9%, il Movimento 5 Stelle si ferma al 10%. Al contrario il partito di Giorgia Meloni, che non ha mai messo in dubbio l’aiuto militare a Kiev, e quello di Elly Schlein, che pur con qualche mal di pancia ha sempre votato a favore dell’invio di armi in Ucraina, ne sono usciti rafforzati.
Gli italiani in massima parte desiderano il cessate il fuoco ma sulla scelta di voto pesa ancor più il lavoro mal retribuito e la continua crescita del prezzo dei prodotti essenziali. Giorgia Meloni supera la prova elettorale e anzi in percentuale si rafforza, a riprova che la sirena del sovranismo muscolare italiano è ancora capace di ammaliare con il suo canto illusorio e sgangherato.
Il progetto di revisione costituzionale con l’elezione diretta del premier può proseguire la corsa verso quel modello di democrazia di cui Orban e Putin sono campioni in Europa. Le insidie per la maggioranza potranno venire solo da un alleato divenuto troppo fragile.
Dopo lo schiaffo ricevuto da Bossi a urne aperte e il modesto risultato del suo partito a urne chiuse, Matteo Salvini è verosimilmente alla fine del suo percorso politico e, messo alle corde, potrebbe scalciare come un asino che si sente in pericolo. Fin qui tutto era stato più o meno previsto.
La vera novità di queste elezioni è il risultato ottenuto dai democratici e ancor più dall’Alleanza Verdi-Sinistra che raccoglie un consenso non sperimentato da anni. Non era mai successo prima, a quanto pare di ricordare, che crescesse insieme il Partito democratico e le formazioni collocate alla sua sinistra. Per Schlein, a soli quattro punti dalla rivale Meloni, è una vittoria senza ombre che potrebbe più agevolmente consentirle la messa all’angolo della fronda interna, tanto più considerato il fiasco di Calenda e di Stati Uniti d’Europa che verosimilmente pagano cara l’alleanza con il politico meno amato dagli italiani, Matteo Renzi.
La segretaria del Pd, confortata dall’ottimo risultato dei suoi alleati rosso-verde, potrebbe spingersi più in là di quanto non abbia sin qui fatto nella difesa del lavoro salariato, della sanità pubblica, delle perequazioni territoriali e potrebbe anche, c’è da augurarselo, abbandonare le sue ambiguità in politica estera.
La débâcle della lista di Santoro, cui pure va riconosciuto più di un merito, conferma, invece, la regola che assegna alla sinistra uno spazio tanto più modesto quanto più si frantumi in rivoli il suo elettorato giacché il sorprendente risultato di AVS è in parte il frutto estemporaneo di un’abile selezione di candidati. Se la diarchia Bonelli-Fratoianni volesse consolidarlo dovrebbe superare se stessa. A questa incognita è legato il futuro della sinistra italiana.
L’autore: Pino Ippolito Armino ingegnere e giornalista, dirige la rivista “Sud Contemporaneo” e fa parte del comitato direttivo dell’Istituto “Ugo Arcuri” per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. Tra i suoi libri, “Il fantastico regno delle due Sicilie” (Laterza 2021)
In foto: a segretaria Pd Elly Schlein durante la campagna elettorale per le europee