Ci sarà sempre una ragione di Stato per silenziare le voci scomode al potere. Ci sarà sempre anche chi, per fortuna, ritiene il giornalismo come cane da guardia del potere e continuerà a scrivere e a pubblicare

Julian Assange è libero. Ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh dopo avervi trascorso 1901 giorni. Gli è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta Corte di Londra ed è stato rilasciato nel pomeriggio all’aeroporto di Stansted, dove si è imbarcato su un aereo ed è partito dal Regno Unito.

“Questo è il risultato di una campagna globale – scrive Wikileaks – che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite. Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato. Forniremo maggiori informazioni il prima possibile”. 

Dopo più di cinque anni in una cella di 2×3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre. WikiLeaks ha pubblicato storie rivoluzionarie di corruzione governativa e violazioni dei diritti umani, ritenendo i potenti responsabili delle loro azioni. In qualità di caporedattore, Julian ha pagato duramente per questi principi e per il diritto delle persone a sapere.

Ci sarà sempre una ragione di Stato per silenziare le voci scomode al potere. Talvolta c’è anche una legge scritta apposta per garantire impunità. Ci sarà sempre anche chi, per fortuna, ritiene il giornalismo come cane da guardia del potere e continuerà a scrivere e a pubblicare.

Buon martedì. 

Nella foto: Julian Assange all’ambasciata dell’Ecuador, 2014 (David G. Silvers)