In una scuola appiattita su burocrazia, competizione, frammentazione dell’insegnamento, svalutazione dei docenti, è necessario restituire l’idea che la conoscenza e la cultura permettono di cambiare sé stessi e il mondo
Negli ultimi anni le scuole ricevono tanti finanziamenti, tra Pon e Pnrr, da investire in progetti, arredi scolastici, nuove strumentazioni tecnologiche e didattiche. A maggio scorso, al Salone del Libro di Torino, 105 insegnanti di ventitré città italiane hanno però sottoscritto un appello per lanciare un allarme contro la deriva che sta prendendo il nostro sistema scolastico. A forza di riforme, decreti e atti legislativi - di destra e di sinistra - si sta creando una scuola progettificio in cui gli studenti stanno sempre meno in classe e sempre più nelle aziende, nelle università, per prepararsi a suon di test e di esami preselettivi, a un futuro universitario e lavorativo che è ancora - giustamente - abbastanza nebuloso nelle menti di quegli adolescenti che dovrebbero dedicare il proprio tempo alla formazione di sé stessi come esseri umani, come cittadini in grado di decodificare il mondo e la realtà, in una prospettiva di conoscenze la più ampia possibile, proprio per saggiare le diverse possibilità che a quell’età ancora si schiudono, senza pensare a efficienza e guadagni. Invece, da un lato si chiede loro di indirizzarsi verso mete professionali precise, dall’altra di pensare alla conoscenza in termini di profitto economico e status sociale, oltraggiando l’essenza della formazione scolastica e della conoscenza. Si viene a creare una scuola invasa di esperti, tecnici, figure professionali esterne che spezzettano i percorsi educativi e formativi; a noi insegnanti viene richiesto di formarci per ruoli e mansioni che non ci appartengono, per assegnarci funzioni di tutor, segretari, burocrati che sono ricompensati con miseri aumenti stipendiali e che, oltre a snaturare la nostra professionalità, ci mettono gli uni in contrasto con gli altri andando a creare gerarchie professionali in un mondo in cui - forse ancora per poco - hanno dominato sempre uguaglianza, democraticità, assenza di spirito competitivo. La competizione sembra diventare sempre più il tratto distintivo delle scuole, che nelle vetrine dei diversi “open day” fanno a gara a mostrarsi come la migliore offerta formativa per le famiglie; degli studenti, sempre più spinti verso una logica di numeri, di merito, di crediti; e infine dei professori che si contendono funzioni strumentali e incarichi di vario tipo per poter accedere a bonus stipendiali e gravitare nelle “zone decisionali” di presidenza e vicepresidenza.

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