Quel che appare chiaro all’alba di questo nuovo anno, purtroppo, è che il nuovo ordine mondiale si sta costruendo sulla base della supremazia militare. È questo il momento, dobbiamo farci sentire, come cittadini, come massa critica per invertire la rotta sul fronte delle guerre, forti anche dei provvedimenti che la giustizia internazionale ha intrapreso

Ormai sono quasi tre anni di guerra in Ucraina e anche aver inviato a Zelensky armi a lungo raggio per colpire in territorio russo, come ha fatto l’ex presidente Biden, non ha portato a un negoziato, anzi. L’aggressore Putin, fra missili ultrasonici e minacce di usare le armi nucleari, ha continuato a fare la voce grossa. Dopo aver arruolato truppe nord coreane e dopo la caduta del suo sodale, il dittatore siriano Assad, ha concentrato sul fronte ucraino tutti i suoi sforzi. Intanto nel Paese aggredito sarebbero 80mila i morti e 400mila i feriti, secondo un’inchiesta del Wall Street Journal che parla anche di 200mila morti e 400mila feriti tra i russi. Un’ecatombe di civili e militari.
Ancor più agghiacciante, se possibile è il massacro che è stato perpetrato nella Striscia di Gaza dall’esercito israeliano dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Mentre scriviamo il bilancio dei morti ha superato i 45mila, perlopiù civili. Fra loro 17mila circa sono bambini. Secondo The Lancet sarebbero molti di più. La prestigiosa rivista scientifica parla di 186mila decessi attribuibili al conflitto nella Striscia di Gaza. E una intera generazione di bambini mutilati, orfani, o scampati per miracolo dalle bombe ha subito traumi, ha ferite psicologiche profondissime che sarà difficile rimarginare, come su questo numero di Left scrivono l’ex ordinario di Psicologia sociale all’Università degli Studi di Milano Francesco Paolo Colucci e lo psicologo palestinese Mahmud Said. Entrambi in passato hanno lavorato in Palestina e in questi mesi hanno ricevuto numerose drammatiche testimonianze dai territori di Gaza assediati, dove i civili sono privati di viveri, acqua e medicinali, bombardati dall’esercito di Netanyahu e del suo governo di ultradestra, ma anche destabilizzati, minando la loro vitalità e resistenza psichica.
Nel frattempo oltre 50 aree di crisi e conflitti nel mondo ci tengono in apprensione. Si tratta del numero più alto registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale, come documenta Raffaele Crocco con il suo importante Atlante delle guerre (che esce in nuova edizione).
In questo quadro non possiamo dimenticare il Sudan dove si consuma da anni una guerra di cui nessuno parla. Il conflitto ha precipitato quasi 25 milioni di persone – oltre la metà della popolazione sudanese – in stato di pericolo e di indigenza assoluta. Più di 12 milioni di persone, di cui circa la metà sono bambini, hanno dovuto abbandonare le loro case. Anche queste sono cifre spaventose.
Si dice che parlare di numeri non sia efficace per scuotere le coscienze, perché vengono registrati con indifferenza. Da donna e da giornalista sono convinta invece che rendere noti e ripetere questi dati nella loro agghiacciante realtà, generi una reazione. Perché siamo umani. Perché dietro ci sono storie, vissuti, speranze, dolori indicibili. Questi numeri sono persone e dovrebbero essere sufficienti a farci dire basta, ad alzarci in piedi e gridare “cessate il fuoco”, il tempo della pace è ora. Perché si può fare. Tante volte siamo stati vicini a un accordo di tregua in Ucraina ma poi di volta in volta qualcuno l’ha sabotato. Se gli Stati Uniti avessero voluto avrebbero potuto fermare l’alleato Netanyahu, ma Biden ha dispensato consigli paternalistici («Non fate come noi in Afghanistan») continuando al contempo ad armare Israele. E ora Trump, sedicente uomo della pace, dice che a Gaza scatenerà l’inferno se non verranno rilasciati gli ostaggi prima del suo insediamento. L’aver nominato come ambasciatore Usa in Israele il fondamentalista evangelico Mike Huckabee, convinto che la Bibbia abbia assegnato la Palestina agli ebrei e che il popolo palestinese non esista, non fa certo ben sperare.
Quel che appare chiaro all’alba di questo nuovo anno, purtroppo, è che il nuovo ordine mondiale si sta costruendo sulla base della supremazia militare. I conflitti hanno preso il posto del dialogo e dell’iniziativa diplomatica, sono aumentate in modo scandaloso le spese per nuovi armamenti a scapito degli investimenti per l’istruzione, per la salute e per la difesa del Pianeta dalla crisi climatica.
In Italia, con la legge di Bilancio, il governo Meloni ha stanziato 32 miliardi per la spesa militare, toccando il record di 13 miliardi solo per i sistemi d’arma, come denuncia su questo numero Francesco Vignarca della Rete italiana pace e disarmo. Soldi che, invece, dovrebbero essere spesi per la sanità pubblica, per la scuola, per la ricerca e l’innovazione. In questo quadro c’è anche chi, come Enrico Letta (alla festa di Atreju) ha proposto di ratificare il Mes per aumentare la spesa militare. Negli anni di docenza a Parigi evidentemente l’ex segretario del Pd ha ben assorbito la lezione di Macron che ha annunciato che la Francia è in economia di guerra. La stessa prospettiva che la presidente della Commissione Von der Leyen auspica per l’Europa. Dopo gli sforzi che erano stati fatti per uscire dalla pandemia facendo debito comune per la salute, ora l’obiettivo della Commissione europea che ha aperto all’appoggio esterno dei meloniani è la spesa militare, è la difesa, facendoci fare un balzo indietro. E il neo capo della Nato Mark Rutte si frega le mani alzando l’asticella di richiesta di spese militari al 3 per cento ai Paesi membri. Così quell’Europa che giovani partigiani rinchiusi in carcere nel manifesto di Ventotene avevano sognato senza fili spinati, ora rischia di sparire. Anche a causa della prossima entrata in vigore del pessimo Migration act, che nega i diritti umani dei migranti e il diritto d’asilo.
Non c’è più tempo da perdere.
È questo il momento, dobbiamo farci sentire, come cittadini, come massa critica per invertire la rotta sul fronte delle guerre, forti anche dei provvedimenti che la giustizia internazionale ha intrapreso. Dai mandati di cattura per Putin, Netanyahu e i capi di Hamas spiccati dalla Corte penale internazionale, all’inchiesta della Corte internazionale di giustizia che sta andando avanti per l’accusa di genocidio perpetrato da Israele a Gaza, avanzata dal Sudafrica e da molti altri Paesi. Chi è responsabile di massacri di civili e crimini di guerra deve sapere che non resterà impunito. La giustizia internazionale, certo è lenta. E sappiamo bene quali siano le pastoie in cui versa l’Onu, ma sappiamo anche che l’unica strada è il dialogo, è la diplomazia. Come è scolpito nell’articolo 11 della nostra Costituzione, ripudiamo la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. La guerra porta solo distruzione, le armi portano solo morte, i momenti più alti della storia umana in cui sono fiorite arte, civiltà e progresso, ci dicono che la pace e la nonviolenza sono scelte politiche rivoluzionarie.