La pianificazione urbana troppo spesso è il risultato di una ideologia patriarcale che nega la libertà e la realizzazione delle donne. Quali soluzioni? Lo spiega la ricercatrice indiana Sneha Visakha, autrice del podcast Feminist City e ospite del festival torinese Utopian Hour
Per chi sono fatte le città? Chi le crea? E in base a quali principi? L’ambiente edificato, dopo tutto, riflette le gerarchie di potere e le disuguaglianze che esistono nelle nostre società. Pertanto, è essenziale comprendere i legami profondi e inestricabili tra relazioni sociali e spazio urbano. Con il suo lavoro di ricerca Sneha Visakha studia come le città del sud globale - specie quelle indiane - rispondono alla questione dell’urbanismo femminista.
Con il podcast Feminist City, Visakha ha approfondito i temi della sicurezza e dei diritti delle donne in uno dei Paesi con le città meno inclusive al mondo. Una lettura diversa del “fare città” capace di portare anche in India un dibattito che in Occidente è da tempo al centro delle agende urbane di governi e amministrazioni locali, bisogna dire, con pochissima convinzione e scarsissimi risultati. Visakha, con il suo approccio femminista alla progettazione, si concentra sulla relazione tra l’ambiente costruito e il ruolo delle donne nella società.
Le prime esponenti dell’urbanistica femminista criticarono le nozioni capitaliste e patriarcali alla base delle moderne pratiche di pianificazione urbana. Molte di loro hanno esplorato come si potrebbero immaginare e costruire città “non sessiste” perché, come ha affermato la geografa Jane Darke, «le nostre città sono un patriarcato scritto nella pietra, nei mattoni, nel vetro e nel cemento». Ancora oggi, la paura che le donne provano nello spazio pubblico è per molti versi “paradossale”. Da dove proviene questo timore che ci costringe a non uscire di sera, a non attraversare determinate strade, ad allungare il percorso per tornare a casa? La paura è il risultato di una costruzione sociale radicata in una storia di oppressione patriarcale, dice a Left Sneha Visakha, per la prima volta ospite in Italia al festival torinese Utopian Hours. Oggi la conquista della libertà - dice -passa anche attraverso la presenza delle donne nello spazio pubblico, soprattutto di sera e di notte, «sperando che diventi sempre di più espressione di libertà piuttosto che un atto di coraggio».
Sneha Visakha, quel è il legame tra l’ambiente costruito e il ruolo delle donne nella società?
Lo spazio non è neutro e la sua produzione coinvolge un complesso insieme di fattori. Le strutture di gerarchia e dominio, specialmente quella maschile, sono radicate nell’ambiente costruito. Esiste quindi sicuramente una relazione tra l’ambiente costruito e il ruolo delle donne nella società: in termini concreti, ciò significa che la progettazione urbana e la governance, le decisioni quotidiane sulla pianificazione della città, producono e modellano costantemente le esperienze dei vari abitanti. Diventa particolarmente importante chiedersi chi sta prendendo queste decisioni e come vengono prese, oltre a chiedersi chi viene considerato nel processo e chi viene escluso o considerato solo successivamente. È altrettanto importante domandarsi per chi è fatta la città, soprattutto se si è una donna, una minoranza razziale o religiosa, un bambino, una persona con disabilità o qualcuno che appartiene a una combinazione di queste condizioni socioeconomiche ed esperienze vissute correlate.
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