Giorgia Meloni, di fronte al piano ReArm Europe, non prende posizione. O meglio, fa il possibile per non farlo. Sa che sfilarsi sarebbe impossibile, ma sposarlo apertamente significherebbe mettersi in rotta di collisione con Matteo Salvini, con la retorica sovranista americana e con un’opinione pubblica italiana che sul riarmo è tutt’altro che entusiasta. Così la presidente del Consiglio resta in bilico: evita di esprimere entusiasmo per il piano della Commissione, ma allo stesso tempo lo sostiene, pretendendo però ritocchi che diano l’illusione di una negoziazione.
La sua vera preoccupazione non è la difesa europea, ma la partita politica interna. Da un lato, vuole blindare l’alleanza con gli atlantisti di Forza Italia e garantire a Guido Crosetto il suo spazio sulla scena internazionale. Dall’altro, teme che la Lega possa cavalcare il tema del “debito per le armi” per rosicchiarle consensi. Così, tra un attacco a Salvini e una dichiarazione strategica sul rischio di avvantaggiare l’industria bellica francese, Meloni costruisce la sua solita narrativa: presente ma distante, ferma ma flessibile. In realtà, prigioniera di se stessa.
Buon mercoledì.