Siamo in ritardo. Non è un’opinione, è nei numeri. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è in affanno, la spesa procede più lenta del previsto, e le scadenze si avvicinano come lame. Il ministro Giorgetti vorrebbe guadagnare tempo chiedendo all’Europa una proroga al 2027. Ma da Bruxelles la risposta è secca: il termine resta il 2026. E per cambiarlo servirebbe l’unanimità dei 27 Paesi Ue. Tradotto: è quasi impossibile.
Nel frattempo a Roma si litiga. Meloni non vuole sentir parlare di rinvio: teme che ammettere i ritardi significhi smentire tutta la retorica del “governo del fare”. Meglio far finta che tutto proceda, mentre Ministeri e Comuni navigano a vista. Anche i dati non coincidono: la Ragioneria certifica una spesa lenta, il governo rilancia cifre più ottimistiche. Ma il problema non è nella contabilità: è nella sostanza.
Abbiamo incassato più soldi di tutti e ora rischiamo di essere quelli che non riescono a spenderli. Bruxelles non ha tempo per le sceneggiate italiane: vuole cantieri, non scuse. La retorica non costruisce asili, né ponti. E mentre ci accapigliamo sul racconto, perdiamo l’unica occasione che avevamo.
Buon venerdì.
In apertura una foto dalla cabina di regia sul Pnrr del 27 marzo 2025