Per rappresentare questo momento drammatico che stiamo vivendo abbiamo scelto di mettere in copertina Guernica (1937) di Picasso, grido contro ogni guerra e insieme monumento a un’umanità che non si arrende alla sopraffazione, al nazifascismo. Che oggi si ripresenta sotto mentite spoglie in forme subdole e nuove di autoritarismo, nazionalismo, neocolonialismo, imperialismo guerrafondaio

Uguaglianza, democrazia, libertà, solidarietà, lavoro, ripudio della guerra, piena realizzazione della persona, pluralismo, cultura, ricerca. Sono i valori che innervano la nostra Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta partigiana. Valori non necessariamente da porre in questo ordine. Ognuno scelga il proprio. Sono il nostro dna, formano la nostra colonna vertebrale come collettività. E drammaticamente in questo 2025 – proprio nell’ottantesimo della Liberazione – sono più che mai sotto attacco. Sono negati dalle guerre; quella più feroce si gioca sulla pelle dei palestinesi a Gaza, dove sotto i nostri occhi sta avvenendo un eccidio che conta ormai 50mila vittime causate dall’offensiva israeliana dopo il 7 ottobre. E non dimentichiamo la popolazione civile ucraina sotto le bombe di Putin da tre anni, né gli altri conflitti in altre parti del mondo.

Per rappresentare questo momento drammatico che stiamo vivendo abbiamo scelto di mettere in copertina Guernica (1937) di Picasso, grido contro ogni guerra e insieme monumento a un’umanità che non si arrende alla sopraffazione, al nazifascismo. Che oggi si ripresenta sotto mentite spoglie in forme subdole e nuove di autoritarismo, nazionalismo, neocolonialismo, imperialismo guerrafondaio. E come tentativo di restringere i diritti costituzionali. Come sta accadendo in Italia con provvedimenti come il ddl sicurezza che cancella perfino il diritto di manifestare liberamente e lo trasforma in reato. E con i respingimenti e i tentativi di deportare migranti in Albania, contro ciò che stabilisce l’articolo 10 della Costituzione riguardo al diritto d’asilo.

I diritti costituzionali sono minacciati inoltre dall’autonomia differenziata della legge Calderoli che, per quanto azzoppata dalla Consulta, mira a far saltare il diritto universale di accesso alle cure sancito dall’articolo 32 sostituendolo con una sorta di ius domicilii. Nel frattempo c’è chi vorrebbe sbianchettare l’articolo 11 – «L’Italia ripudia la guerra» – abbracciando il programma ReArm Europe in chiave di riarmo nazionale a tutto vantaggio delle lobby delle armi.

Con tutta evidenza la Costituzione antifascista e incentrata su valori di solidarietà e giustizia sociale è indigesta a Fratelli d’Italia. E Giorgia Meloni non l’ha mai nascosto. Non stupisce dunque che, da ultimo, intervenendo in Aula la presidente del Consiglio abbia attaccato il Manifesto di Ventotene, manifesto dell’Europa federale stilato da antifascisti che il regime voleva silenziare, annichilire e far marcire in carcere. Dopo le tante omissioni e tentativi di manipolare la storia («alle Fosse Ardeatine furono uccisi degli italiani», «i tedeschi in via Rasella non erano nazisti ma una banda musicale di semi-pensionati», etc) Meloni, La Russa e gli altri sono tornati a lasciar trasparire l’assenza di soluzione di continuità tra Fratelli d’Italia e il Msi di Giorgio Almirante, repubblichino e redattore de La difesa della razza che dava della «puttana» alla Repubblica italiana nata nel 1945.

Figlia dell’atlantismo missino (Almirante era sostenuto dagli Usa in chiave anti-Pci e anti-democratica) Meloni oggi corre a baciare la pantofola di Trump, (che con Musk e Vance vuole disgregare «l’Europa parassita») e al contempo trova un nuovo allineamento con la presidente della Commissione europea Von der Leyen, madrina del nuovo regolamento anti immigrati che fa carta straccia del diritto internazionale e nega i diritti umani basilari. Di fronte a tutto questo l’opposizione dov’è? Fatta eccezione per la voce isolata di Bernie Sanders, tace negli Usa dove i dem sono ancora sotto choc per l’elezione di Trump. E stenta a trovare una compattezza e una forza in Italia.

Ancora ci dividiamo tra piazze salottiere convocate dal giornale partito La Repubblica e contro-piazze senza riuscire a darci una prospettiva.

Colpisce che nella piazza convocata da Serra praticamente non si sia detta una parola su Gaza e sulla Cisgiordania dove lo sterminio della popolazione civile non si ferma. L’incapacità dei partiti progressisti di mettersi minimamente d’accordo è un fatto inaccettabile. La piattaforma su cui unire le forze ci sarebbe eccome, a cominciare dalla difesa della sanità pubblica, della scuola, dalla ricerca, una carta da giocare per attrarre “cervelli” tanto più ora che Trump sta tagliando i finanziamenti alle università, sta ritirando l’impegno Usa nell’Organizzazione mondiale della sanità, sta cancellando il Dipartimento dell’istruzione.

Mentre qui da noi le nuove linee guida del ministro Valditara sulla scuola ci consegnano a quello stesso oscurantismo trumpiano, predicando un eurocentrismo cristiano violento e fuori dalla storia, la sinistra perché non scende in piazza per una scuola pubblica e laica? Perché non scende in piazza, in massa, in nome dell’antifascismo?

Tornano alla mente le parole di Massimo Fagioli su Left nel suo articolo “Libertà e liberazione”, e quelle sue due immagini. Una di lui bambino «che in mezzo ai grandi udiva la dichiarazione di guerra di Mussolini»…, l’altra di lui, ragazzino che, nella «piazza medievale di Fabriano», «in mezzo ad una folla ascoltava la voce che urlava: Liberazione». Poi, più avanti: «Pensai agli affetti, all’odio ed alla rabbia, e, non ho il coraggio di dirlo, forse vidi che nei fascisti c’era l’odio freddo, nei partigiani era rabbia…e lotta per la libertà. Nei nazisti c’era un comportamento lucido, determinato da una razionalità fredda. Forse l’ho verbalizzato dopo anche se, sono certo, che nei nazifascisti non esisteva il rapporto interumano. L’altro, non uguale a se stesso, non era realtà umana. Non era diverso era un “non” come può essere la “diversità” tra animato ed inanimato. Sapevo che nei partigiani c’era l’idea dell’uguaglianza».

 

Illustrazione di Laura Trivelloni, OfficinaB5