In Palazzo Reale a Milano, fino al 26 giugno una retrospettiva del pittore torinese, da alcuni anni al centro di una interessante riscoperta

La mostra intitolata semplicemente Casorati in Palazzo Reale a Milano è un’antologica che ricostruisce l’intero arco di attività dell’artista, ripercorrendo le diverse stagioni della sua pittura. Concepita proprio per le sale di Palazzo Reale, l’esposizione, raccoglie cento opere di assoluto rilievo, tra dipinti, sculture, disegni e opere grafiche, provenienti soprattutto dalla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, il museo italiano depositario del più cospicuo nucleo di opere dell’artista della città a cui fu legato per buona parte della sua vita, a partire dal 1917, anno in cui, dopo il suicidio del padre, appena tornato dal fronte, l’artista decide di stabilirsi. Nel 1990 era stata organizzata nella stessa sede una iniziativa analoga.

Questa mostra dunque rappresenta una nuova, ulteriore occasione per celebrare un maestro del Novecento italiano e per rinnovare la meraviglia di fronte a una selezione delle sue tele, disperse per musei e gallerie di tutto il mondo. Su di lui è stato scritto molto. I critici d’arte, fin dai suoi esordi, si sono chiesti quale fosse l’origine del suo stile personale, unico, nel quale sono visibili molte influenze e molti rimandi a grandi maestri del passato, ma rielaborati all’interno di una cifra stilistica personale ben riconoscibile. Singolari furono anche le circostanze in cui si manifestò (o forse sarebbe meglio dire si rivelò) il suo talento: mentre studiava pianoforte Padova, nel 1901, a diciotto anni cadde in un forte esaurimento nervoso che lo costrinse a smettere. Durante la convalescenza in una casa di campagna scoprì la pittura. I genitori lo sostennero affidandolo alle lezioni di Giovanni Vianello, a quell’epoca uno dei pittori più celebri a Padova.

Nel 1906 si laureò in Giurisprudenza, ma l’anno successivo un suo quadro fu ammesso alla settima Biennale di Venezia. Felice Casorati aveva solo ventiquattro anni e dipingeva da sei anni. Quello stesso anno la famiglia si trasferì a Napoli. Il giovane pittore trascorse molte ore nel Museo di Capodimonte a studiare le tele dei grandi maestri e a dipingere nel suo atelier. Frutto di questi studi solitari è Le vecchie, tela che verrà esposta alla Biennale del 1909 e che verrà acquistata dalla Galleria Nazionale d’arte moderna a Roma. In quello stesso anno esce a Parigi il Manifesto del futurismo. Ma la strada del pittore torinese seguirà una propria strada, decisamente divergente rispetto a quella dei pittori futuristi. Nel 1911 si trasferì insieme alla famiglia a Verona.

Qui entrò nel vivace ambiente artistico cittadino e, tramite i contatti con l’ambiente mitteleuropeo, anche con lo stile della Secessione viennese e, più nello specifico, con la figura di Gustav Klimt. Lo stile di Casorati in questi anni assorbe queste “influenze viennesi”, ma le rielabora all’interno della sua cifra stilistica, che si arricchisce ulteriormente di temi e declinazioni. Si avvicina così al gruppo di pittori che orbitavano intorno alla galleria Ca’ Pesaro di Venezia, che dal 1908 in poi rappresentò una sorta di “controcanto” rispetto alla Biennale. il conflitto tra le due istituzioni scoppiò virulento con la mostra del 1913, tanto che il consiglio comunale propose la chiusura d’ufficio della galleria, che proprio quell’anno aveva ospitato la prima personale di Casorati.

Con lo scoppio della Guerra, questa contrapposizione perse vigore e gli artisti che si erano raccolti intorno alla galleria e alla figura del critico d’arte Nino Barbantini presero ognuno una propria strada. Felice Casorati, pochi giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, è chiamato alle armi. L’unica tela direttamente legata all’esperienza al fronte è Giocattoli, dove compaiono dei soldatini di piombo tra le sagome di case, alberi e animali ridotti a balocchi infantili posati su una tovaglia scura con motivi geometrici, eloquente e plastica rappresentazione della tragica stupidità della guerra. Ma sarà a partire dal 1917, quando l’artista è congedato e, dopo la tragica scomparsa del padre, decide di stabilirsi a Torino, che Casorati darà forma a quel personalissimo stile per il quale diventerà noto in tutto il mondo, che erroneamente verrà associato a quel “ritorno all’ordine” promosso dalla rivista Valori plastici e da Margherita Sarfatti.

La “maestra di buone maniere” del Duce fu, in effetti, una estimatrice del torinese, tuttavia Casorati era e rimase anche in seguito un artista solitario, il quale, proprio in quegli anni subito dopo la guerra aveva raggiunto una consapevolezza e una cifra stilistica uniche e riconoscibili. Quando nel 1920 Casorati visitò la mostra di Cézanne alla Biennale, pur attratto dalle tele del maestro francese, comprese che la sua strada divergeva in modo deciso da quella del cubismo, che proprio dalla lezione del pittore provenzale era partita. In relazione alle sue tele, la critica ha coniato il termine di “quattrocentismo”, per indicare le evidenti connessioni con la grande pittura italiana di quel secolo (soprattutto Piero della Francesca, Mantegna e Antonello da Messina per la ritrattistica). Questo è un fatto, che poi la critica ha usato per esaltare o denigrare la sua opera (le migliori tele di Casorati suscitano sempre una forte reazione, in un senso o in quello opposto).

Ma nella sua solitaria ricerca, il pittore torinese non si limitò a citare alcuni grandi maestri della pittura italiana. Piuttosto ne prese alcuni elementi formali per elaborare un suo linguaggio figurativo col quale fu in grado di esprimere contenuti profondi. Basterebbe citare La donna e l’armatura, una tela del 1921 nella quale un nudo femminile in primo piano è accostato alla sagoma di un’armatura in secondo piano, in una composizione che mette in risalto in modo plastico il contrasto tra il corpo femminile e una vuota corazza (mondo maschile e femminile? Il desiderio e il suo esatto opposto?). Un tema che poi svilupperà nella tela del 1925 Conversazione platonica, un quadro che a suo tempo fece scandalo, nel quale dietro a un nudo femminile appare la sagoma di un uomo vestito con il volto coperto dall’ombra di un cappello.

Casorati fu un maestro del Novecento che seguì una strada diversa da quella del cubismo e delle avanguardie, ma che non guardò semplicemente al passato. Per apprezzarlo bisogna abituarsi all’idea che l’arte del ventesimo secolo non segue un unico cammino, ma che può divergere in “sentieri laterali”, aperti da alcuni artisti solitari, che sicuramente meritano attenzione.

L’autore: Lorenzo Pompeo è slavista, traduttore, saggista e docente universitario. Per i tipi di Left ha pubblicato il libro Carlo Levi, vita di un antifascista, medico e artista 

Immagine d’apertura, un particolare di Conversazione platonica, 1925, olio su tavola, Collezione privata. © Felice Casorati by SIAE