Le parole hanno un senso, la crudeltà non è solo sadismo fisico, un assassino non può essere definito “maldestro”, “inesperto”, “incapace” di uccidere. La giustizia è giusta quando dice la verità, unica cura per le ferite delle vittime e dei superstiti

Il coro dei commenti alle motivazioni della sentenza Turetta somiglia a quello che nella tragedia osserva e commenta lo scontro tra Antigone, una ragazzina di tredici anni, lasciata sola anche dalla sorella Ismene, e Creonte, re di Tebe. La ragazzina, nipote del re, sostiene con argomenti illogici il suo diritto a dare sepoltura al fratello nemico della patria, il re non cede neanche alle suppliche di suo figlio Emone di salvare Antigone, sua futura sposa: la legge è uguale per tutti. Murata viva, Antigone si suicida, e così Emone e sua madre Euridice. L’esito tragico dello scontro propone, agli albori della democrazia, il dramma dell’inconciliabilità del principio astratto, la ragione, con la vita reale degli esseri umani, gli affetti: una scissione, questa tra mente e corpo, che trascina nella violenza fino alla morte, fino alla strage annunciata da Tiresia, il cieco che non vede la realtà materiale, ma solo l’invisibile che la muove.

Qui ci occupiamo della strage di donne contro la quale il femminismo, «unica rivoluzione non ancora completamente fallita», come scrisse Maurizio Maggiani su La Stampa dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, combatte da decenni con armi che si sono dimostrate efficaci nel sostenere la liberazione delle donne attraverso la lotta per il riconoscimento dei loro diritti, della parità, ma appaiono “spuntate” di fronte ai numeri e alla gravità delle conseguenze della violenza privata, cosiddetta domestica, che addirittura aumenta proporzionalmente all’aumento della libertà delle donne. È la “sindrome scandinava” (nei Paesi nordici dove il “gender gap” è ridotto ai minimi storici la violenza contro le donne aumenta), come propone di chiamarla su Repubblica Luigi Manconi, con suggestivo accento sulla patologia del fenomeno, che giustamente non può essere definito un paradosso, perché «il rapporto tra femminicidio e patriarcato è tanto più stretto, direi più intimo, quanto più il sistema di potere maschile viene svelato e incrinati».

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