«Ho chiamato mia sorella per aiutarmi in questo mio stato psicofisico in cui ero persa. E lei mi ha detto: “Basta, tu adesso non metterai più piede lì”». Noemi, architetta, è stata vittima di mobbing nell’azienda dove ha lavorato per cinque anni. Racconta la sua storia seduta davanti a Esc Atelier di San Lorenzo, lo spazio sociale in cui hanno sede le Camere del lavoro autonomo e precario (Clap). È qui che ha deciso di rivolgersi per cercare supporto dopo l’ennesima violenza. Un giorno «c’è stata una delle più grandi violenze verbali che il datore mi ha fatto, sbattendo i pugni sulla scrivania, dicendomi che non valevo niente, che ero una testa di cazzo, e che dovevo stare zitta perché le mie parole stavano dando troppo fastidio». Per l’architetta i problemi hanno avuto origine un anno prima di abbandonare il lavoro, quando le è stato conferito un incarico superiore, a tempo indeterminato, dopo anni di part-time involontario e finta partita Iva. Nonostante l’avanzamento di carriera, era demansionata e derisa dal titolare, da cui ha anche subito delle molestie. I casi di mobbing sono difficili da riconoscere e da dimostrare legalmente, ma, con l’aiuto della sorella, Noemi decide di entrare in contatto con il sindacato. Non bussa alla porta di un sindacato tradizionale. Si rivolge alle Clap.
Le Clap sono un sindacato di base auto organizzato che cerca di raggiungere i luoghi di lavoro instabili e precari, quelli in cui il sindacato tradizionale non riesce ad arrivare. Cerca di organizzare i non-organizzati, i lavoratori senza diritti, precari e intermittenti. Offrono sportelli settimanali di consulenza sindacale e legale in più quartieri di Roma. Esc è la sede principale di un coordinamento dislocato in più spazi sociali: Casale Garibaldi a Centocelle, Acrobax a San Paolo, Communia a San Lorenzo e Genzano di Roma. «Scusate, siamo ancora in riunione, volete una birra per non restare a mani vuote?». Tiziano riempie due bicchieri dalla spina del bancone, si accende una sigaretta e torna all’assemblea di coordinamento, nella stessa sala che ospita lo sportello tutti i lunedì sera, dalle 17:30 alle 19. Tiziano è uno dei due coordinatori, insieme a Emanuele. Entrambi hanno preso parte al movimento studentesco dell’Onda tra il 2008 e il 2011. Fanno parte di quella generazione che si è affacciata a un mondo del lavoro segnato dal Jobs Act e dalla fine del lavoro garantito.
Mentre partecipano alla fondazione di Esc, si formano sul campo, tra lavoro precario e informale. Tiziano ha lavorato in una libreria e nei pub, ha fatto la maschera nei musei e il ricercatore. Emanuele ha lavorato per anni senza orari, a nero, nella ristorazione, come driver, come facchino. Proprio dalla riflessione teorica e vissuta sullo sfruttamento lavorativo nell’epoca post-fordista, 10 anni fa, nascono le Clap, che sono ora la loro principale occupazione. La sfida, raccontano, è organizzare quelle nuove figure difficilmente rappresentabili con gli strumenti del sindacato tradizionale, nella convinzione che «nessuno è inorganizzabile»: finte partite Iva, lavoratori autonomi, lavoratori del settore informale o a part-time involontario, rider, camerieri, impiegati in home office, operatori dello spettacolo. D’altronde, il coordinamento nasce proprio come realtà auto-organizzata da precarie e precari.


A ragionare sul concetto di precarietà è anche Salvatore Corizzo, uno dei due avvocati che lavora nelle Clap. «Il termine precarietà nasce a metà anni ’90. Mi chiedo se oggi, con la distruzione di qualsiasi garanzia che esisteva per lavoratori e lavoratrici, abbia ancora senso parlarne». L’ufficio legale si trova vicino Valle Aurelia, da tutt’altra parte di Roma rispetto allo sportello di Esc. Ad accogliere le persone un poster con le parole dell’operaista Toni Negri. «L’amore è il cuore pulsante del programma che abbiamo sviluppato fino a questo punto, senza il quale il resto sarebbe un ammasso senza vita». Poco più in là, l’ufficio dove Corizzo sta partecipando a un caso di conciliazione tra lavoratrici in home office e una piattaforma di prenotazione voli.

«L’unica distinzione che secondo me andrebbe fatta è quella tra lavoro degno e lavoro indegno, al di là dell’inquadramento contrattuale più o meno precario». Sul territorio nazionale, a un innalzamento dell’occupazione – al 61% nel 2023 secondo l’Istat, in aumento del 2,4% rispetto al 2019 – corrisponde una crescita del lavoro povero. L’incidenza della povertà assoluta tra gli occupati è passata dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023. Secondo i dati dell’Osservatorio sul Precariato INPS, poi, una parte consistente dell’aumento dell’occupazione è correlato a un aumento del lavoro intermittente (+10,2%), occasionale (+19%) e stagionale (+17,8%). Alla crescita occupazionale, quindi, non corrisponde necessariamente un miglioramento delle condizioni lavorative né delle retribuzioni, vista la diminuzione del 6,9% dei salari reali nel 2024, come riportato dall’Ocse.
Resta il fatto che la precarizzazione del lavoro ha eroso la capacità di organizzazione delle lotte sindacali. Giulio Marcon, esperto di politiche del lavoro, è convinto che «le politiche liberiste degli ultimi cinquant’anni – dal pacchetto Treu, al Jobs Act, al più recente Collegato Lavoro – siano state frutto della volontà diretta di indebolire il sindacato. Questo è avvenuto nel contesto di una riorganizzazione della produzione in senso post-fordista dove convive il vecchissimo, le forme servili del caporalato, con il nuovo, le nuove figure introdotte dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale». I sindacati sembrano non reggere il passo e fanno fatica a intercettare il lavoro diffuso. Per questo, secondo Marcon, si dovrebbe tornare a un «sindacato di strada» capace di intercettare i lavoratori al di fuori della fabbrica. Nel riaccendersi del dibattito tra sindacato orizzontale e verticale, le Clap sviluppano un modello alternativo: «Clap per noi è un sindacato sociale, più che di base. Nel senso che mette insieme l’azione sindacale con il meccanismo di mutuo soccorso, in un’ottica di generalizzazione del conflitto», racconta Salvatore Corizzo.

Foto Clap
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