Con il suo nuovo libro Matteo Miavaldi ci guida in un viaggio nel Subcontinente mettendo al centro l’umanità, la cultura prima ancora della politica. Ne emerge un ritratto sfaccettato e potente. Se ne parla al Salone del libro

Che di parlare di Paesi del Global South ci sia un grande bisogno è fuori di dubbio dato che ci si sta sempre di più, ed in maniera preoccupante e a volte con esiti distopici, vincolando al discorso eurocentrico. Che se ne parli come ne fa Matteo Miavaldi con il suo Un’altra idea dell’India dà il senso di quanto possa essere interessante la letteratura divulgativa italiana.

Parlare di India infatti, come Matteo fa trasparire dalle pagine del suo nuovo libro - che viene presentato il 17 maggio al Salone del libro a Torino -, significa parlare di un continente (non a caso si parla di Subcontinente indiano) del quale il Paese di Gandhi e della dinastia Gandhi, stesso cognome ma intenzioni politiche ben diverse, rappresenta la gran parte.

Parlare di India in un certo modo significa parlare di religione, con lo stomaco più che con il cervello, di tradizione, con l’intuito più che con la razionalità e di umanità, come un dato di senso più che come un dato numerico. È un po’ come rileggere tante suggestioni che spiegava Pasolini nel suo Un’idea dell’India, piccolo ma imprescindibile capolavoro al quale Matteo Miavaldi si ispira.

Lo sguardo che ci offre.

Così Un’altra idea dell’India, uscito per Add editore ci porta dentro la pancia dell’India, la più grande democrazia, e ci fa correre sulla bibliografia dei padri fondatori ponendo in primo piano anche Bhimrao Ramji Ambedkar, una voce troppo spesso dimenticata da noi occidentali.

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