A molti sarà capitato di tornare più volte davanti ai dipinti di Caravaggio. Chi vive a Roma, poi, ha la fortuna di poterli incontrare con una certa facilità: sono esposti in almeno tre chiese e in varie collezioni pubbliche. Eppure, ogni volta che ci si ferma a guardarli, qualcosa colpisce in modo diverso. Da dove nasce questa rinnovata emozione? Una spiegazione possibile - come hanno ricordato Walter Benjamin e, in modo diverso, Benedetto Croce - è che la storia, e in particolare quella dell’arte, si costruisce sempre a partire dal presente. Il passato, insomma, ci appare ogni volta con una luce nuova, come se fosse messo in prospettiva.
Anche noi, del resto, cambiamo: a volte siamo giovani e curiosi, altre volte più maturi e riflessivi; può accadere di trovarci da soli, oppure in compagnia; talvolta ci colpisce la luce, altre volte il chiaroscuro, il fuoco, le ombre. Questo mutare del nostro sguardo - insieme ai cambiamenti culturali del tempo in cui viviamo - influisce profondamente sulle riflessioni e sulle emozioni che un’opera ci suscita.
Tanto più quando non si ha davanti solo uno o due dipinti, ma un’intera mostra monografica. Roma, in questo senso, attendeva da tempo un’esposizione di rilievo dedicata a Caravaggio: l’ultima davvero memorabile risale al 2010, alle Scuderie del Quirinale. Ce ne sono state altre, certo, ma nessuna comparabile, per ampiezza e qualità, né a quella né all’attuale.
La mostra allestita a Palazzo Barberini - va detto subito - è davvero notevole: emozionante, curata con grande attenzione, e ricca di spunti. È vero che l’esposizione del 2010 alle Scuderie del Quirinale poteva contare su un numero maggiore di prestiti internazionali, ma anche Caravaggio 2025 presenta una selezione di opere di assoluto rilievo, provenienti da importanti musei stranieri, da gallerie italiane e da collezioni private.
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