Dalla Striscia di Gaza la testimonianza diretta di un medico sulle criticità che quotidianamente deve affrontare la popolazione civile da mesi sotto assedio dell’esercito di Netanyahu. Anche tra i sopravvissuti le prime vittime sono i bambini, rimasti orfani a causa delle bombe che hanno sterminato le loro famiglie. Le storie di Omar, 9 anni, e Hassan, 6 anni

Da Gaza - Sono entrato a Gaza il 17 aprile. I primi 100 metri nella Striscia mi hanno mostrato immediatamente quello di cui sarei stato testimone ogni giorno: una devastazione che è difficile rendere a parole. La quasi totalità degli edifici è distrutta o severamente danneggiata. Fra le macerie si muove una popolazione di sfollati interni allo stremo delle forze, che cerca di sopravvivere a una guerra che dura da quasi 600 giorni e ad un assedio in atto da oltre 80. Mentre le bombe cadono continuamente e i droni ronzano nel cielo 24 ore al giorno, il blocco all’ingresso degli aiuti, rende l’accesso a cibo, acqua e medicine sempre più difficile. I pochissimi camion entrati nei giorni scorsi, chiaramente insufficienti rispetto agli enormi bisogni della popolazione, sono accolti con una speranza flebilissima, immediatamente affossata dai bombardamenti che non accennano a diminuire. Alle 10:30 del 22 maggio, mentre scrivo, la conta dei morti quotidiani è già arrivata a 38, portando il numero totale delle vittime ufficiali a circa 53mila. Nel mezzo di questa devastazione Emergency è attiva con due cliniche una ad al-Qarara e una ad al-Mawasi, entrambe nel governatorato di Khan Younis, dove fornisce cure gratuite di salute primaria, consulenze ginecologiche e di salute riproduttiva, e supporta il programma di vaccinazioni infantili e la lotta alla malnutrizione. La clinica di al-Qarara è un’oasi di pace, che resiste nel contesto di una situazione sempre più drammatica. I cancelli, però, non possono tenere lontana la guerra. I tonfi delle esplosioni, nelle città di Rafah e Khan Younis, fanno da sottofondo costante alle nostre visite; la malnutrizione, sempre più frequente, e le scorte di medicinali, sempre più esigue, ci riportano quotidianamente alla realtà dell’assedio in atto; le storie, raccolte dai pazienti che visitiamo, raccontano il dramma di chi ha perso tutti e tutto. Ricordo, ad esempio, la storia di Omar, 9 anni, che a inizio maggio è entrato nella stanza pediatrica accompagnato da una donna che credevamo essere sua madre. Lamentava

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