Trump lo sa: serve mano d’opera. Ma preferisce seminare paura

Trump vuole fare la guerra agli immigrati. Non a quelli ricchi, non a quelli armati, non a quelli che truccano bilanci o finanziano campagne: a quelli che raccolgono cipolle, puliscono case, costruiscono muri e si prendono cura dei figli degli americani. Il suo nuovo zar del confine, Tom Homan, promette “più retate nei luoghi di lavoro di quante se ne siano mai viste”. Gli obiettivi? I soliti: braccianti, manovali, badanti, camerieri. Gli invisibili.

Ma gli invisibili tengono in piedi l’America. Sono 8,3 milioni, quasi il 5% della forza lavoro. Metà del settore agricolo dipende da loro. Nel settore edile sono 1,4 milioni, quelli che rendono possibile un tetto a prezzi accessibili. Durante la pandemia nessuno li cercava, perché servivano. Ora diventano il nemico.

Trump sa bene che mancano i criminali da espellere: allora alza i numeri. Vuole 3.000 arresti al giorno. Stephen Miller lo sprona. Ma i repubblicani iniziano a frenare: la propaganda non può costare troppo.

E infatti Trump non tocca i padroni. Nel 2017 ha graziato un imprenditore condannato per aver assunto e pagato lavoratori senza documenti. Il problema non è chi sfrutta, ma chi fatica.

Il sistema è ipocrita. La domanda resta, ma si colpisce solo l’offerta. E intanto si chiudono le porte all’immigrazione regolare. Trump lo sa: serve mano d’opera. Ma preferisce seminare paura. Anche se poi, a raccoglierla, sarà proprio chi oggi applaude.
E quando mancheranno braccia nei campi, nei cantieri e nelle case, nessuno potrà dire che non era previsto. Solo che conveniva fare finta di non vedere.

Buon giovedì. 

Foto AS