Il patto sui dazi siglato tra Unione Europea e Stati Uniti è la fotografia di un’Europa smarrita, divisa e incapace di esercitare una propria sovranità. Un accordo presentato come un successo diplomatico è, nei fatti, una resa senza condizioni che legittima l’unilateralismo aggressivo di Donald Trump e scarica il costo sui cittadini europei. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen accetta una “reciprocità” che di reciproco non ha nulla: dazi al 15% sulle esportazioni europee, a fronte di zero tasse per le Big Tech americane, acquisti forzati di armi e gas statunitensi, investimenti europei per 600 miliardi negli USA.
Per l’Italia, secondo esportatore europeo verso gli Stati Uniti, il colpo sarà durissimo. A rischio, secondo le stime, ci sono oltre 100 mila posti di lavoro nei settori agroalimentare, meccanico e automotive, e 23 miliardi di export bruciati. Mentre la premier Meloni si affanna a parlare di “stabilità”, la realtà è quella di un Paese che si scopre irrilevante, che accetta ogni diktat in nome di un malinteso atlantismo che confonde fedeltà con sottomissione.
La verità è che l’Europa ha negoziato divisa e timorosa, inchinandosi a un’America che alza la voce e detta condizioni fondate su falsi pretesti commerciali. Il risultato è una partita truccata, in cui le regole internazionali – dal WTO agli accordi GATT – vengono accantonate per compiacere un leader che disprezza ogni vincolo multilaterale.
Questa non è politica commerciale. È una capitolazione. E l’Italia, ancora una volta, paga il prezzo dell’assenza
Buon lunedì.




