In un’epoca di ansie e precarietà, un diritto primario come quello alla salute mentale è diventato un lusso specie per i più giovani. E c’è chi ricorre all’autodiagnosi tramite app per questioni che richiederebbero la competenza di un medico specializzato

Era tarda sera quando Silvia, seduta nel suo appartamento romano, si ritrovò a digitare una domanda che avrebbe potuto rivolgere a un’amica, o forse a uno psicoterapeuta, se solo avesse potuto permetterselo economicamente: «Ho fatto un sogno, posso raccontartelo?». L’interlocutore era ChatGpt, e la risposta arrivò con quella peculiare combinazione di sollecitudine algoritmica e vuoto emotivo che caratterizza l’intelligenza artificiale: «Certo, è un sogno molto denso e credo valga la pena spiegartelo». Silvia è un’artista. Vive a Roma e, come un numero crescente di giovani italiani, ha sviluppato un’abitudine che solo pochi anni fa sarebbe sembrata assurda: confidare i propri pensieri più intimi, persino i propri sogni, a un programma per computer. Non per curiosità tecnologica, non per sperimentazione, ma per necessità. Perché, come lei stessa spiega con una franchezza disarmante, «non saprei a chi raccontarlo e non ho i soldi per una psicoterapia. Non ho nessuno che potrebbe darmi una risposta».

Quella di Silvia non è una storia isolata, ma un fenomeno che sta ridisegnando silenziosamente il paesaggio della salute mentale in Italia e non solo. Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli per conto dell’Unione per la difesa dei consumatori (Udicon), un giovane su quattro sotto i trentacinque anni utilizza regolarmente l’intelligenza artificiale per discutere di problemi personali. Il dato diventa ancora più significativo quando lo si esamina attraverso la lente del genere: tra tutte le fasce d’età, le donne ricorrono a questa forma di supporto tre volte più degli uomini, con percentuali rispettivamente del ventiquattro e dell’otto per cento. C’è qualcosa di profondamente paradossale in questa situazione. Viviamo in un’epoca in cui si parla di salute mentale con una franchezza che sarebbe stata impensabile una generazione fa.

I giovani, in particolare, si dichiarano molto più inclini delle generazioni precedenti a riconoscere e articolare i propri disagi psicologici. Eppure, quando arriva il momento di cercare aiuto, si trovano davanti a un muro: quello economico. Una sessione di psicoterapia può costare tra i sessanta e i cento euro, una cifra proibitiva per i giovani italiani schiacciati da lavori a contratto determinato, poveri o in nero. L’intelligenza

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