Il maxi-emendamento alla legge di bilancio parla, come nella smorfia napoletana. Non se ne conosce il numero corrispondente ma è chiesto il messaggio: fare cassa dove il costo politico sembra minore. A pagare, ancora una volta, sono i lavoratori che hanno iniziato presto e quelli impiegati nelle mansioni usuranti. Persone che hanno già consegnato allo Stato anni di vita, salute e contributi, e che ora si vedono presentare il conto finale come se fosse una voce residuale di bilancio.
Il governo ha scelto di intervenire sui requisiti di accesso alle pensioni anticipate, irrigidendo le condizioni e restringendo le platee. La misura viene raccontata come un “aggiustamento”, un allineamento necessario per la sostenibilità dei conti pubblici. Ma nei fatti. Sotto la coltre della propaganda, è una sottrazione secca di diritti maturati, costruiti su percorsi lavorativi segnati dalla fatica fisica, dalla discontinuità e spesso da salari bassi. Chi ha cominciato a lavorare da minorenne o appena maggiorenne scopre che quell’anticipo sulla vita adulta diventa ora un anticipo di sacrificio senza compensazione.
La logica del resto è sempre la stessa: si sposta l’onere su chi ha meno margini di difesa individuale e collettiva. I lavori usuranti, riconosciuti come tali da anni, vengono trattati come una variabile contabile da comprimere. La retorica del “premio al merito” e della “valorizzazione del lavoro” evapora davanti a un bilancio che chiede sacrifici selettivi. Non a caso il provvedimento arriva dopo settimane di confusione politica e smentite, dentro una maggioranza incapace di assumersi apertamente la responsabilità delle proprie scelte.
In questa manovra c’è una verità che il governo evita di nominare: il risanamento dei conti viene perseguito attraverso una redistribuzione al contrario. Si risparmia sulle schiene già piegate, si rinvia il problema strutturale del lavoro povero e discontinuo, si consolida l’idea che la fatica precoce sia una colpa da pagare due volte. La prima in fabbrica, in cantiere, in corsia. La seconda al momento di uscire, quando la pensione diventa un traguardo che arretra di nuovo.
Buon lunedì.




