Kateryna rimane in silenzio, poi sorride, scuote i capelli neri e comincia a parlare. Il suo italiano è ancora un po’ stentato ma si capisce benissimo cosa sta raccontando. «Era un continuo provarci con me. Era anziano, ma era forte, mi metteva le mani addosso e non mi dava pace». La notte lei si chiudeva in camera e lui andava a bussare, offrendole anche dei soldi. «Io non riuscivo a dormire, avevo paura». Paura a parlare di quello che stava accadendo, ai figli di quell’uomo, i suoi datori di lavoro, il primo per lei, donna quarantenne arrivata dall’Ucraina. Paura sì, perché con il lavoro se ne sarebbero andati anche il permesso di soggiorno e la casa, problema non di poco conto.
La storia che racconta Kateryna si svolge nei primi anni 2000, prima delle sanatorie ad hoc per le assistenti familiari, ma in seguito la situazione non è cambiata. Abusi a sfondo sessuale, maltrattamenti verbali, violenze psicologiche: sempre tutto uguale. Su donne, ricordiamo, che spesso lasciano i figli a casa e che alle spalle hanno a volte mariti violenti, che tuttavia devono mantenere con il loro lavoro. «Sì, a me è capitato, ma anche a molte mie amiche», aggiunge Olga, rumena. Lei se n’è andata dalla casa dei soprusi, ma altre non hanno trovato la forza per farlo, dice. «In quei momenti devi resistere e poi pensare con calma a cosa puoi fare. A me è andata bene perché mi è stata offerta un’altra occasione di lavoro e sono scappata», racconta in un italiano con lieve accento romano.
Ogni badante ha una storia personale, sempre però con un filo comune. «Se vieni dall’Est o dal Sud America la prestazione sessuale fa parte del pacchetto», dice Angela Maria Toffanin, ricercatrice di Padova che dal 2010 ha compiuto una ricerca sulla violenza di genere nelle relazioni quotidiane in cui sono coinvolte le lavoratrici straniere. «Anche per capire qualcosa di più dell’Italia». Il quadro è desolante…