«Invito tutti, donne, uomini, giovani e adulti, di cultura diversa, di opinioni politiche diverse a ripercorrere con me il luoghi della Repubblica sociale a Desenzano. Questa non fu una sede minore ma, purtroppo, fu il punto focale della struttura nazifascista. L’Itinerario nasce molti anni fa, gradualmente, ed il primo segno è stato nel 2005 con la sistemazione di una targa di fronte alla palazzina che aveva ospitato la sede dell’Ispettorato della razza, da quel giorno sono iniziate visite regolari di scuole, associazioni, circoli culturali, anche provenienti dall’estero».
L’invito a conoscere, rivolto anche ai militanti di CasaPound e Forza Nuova, è del professor Gaetano Agnini, ricercatore di storia contemporanea, oggi emerito, nonché ideatore del percorso della memoria della conoscenza a Desenzano. «Contrariamente a quanto si possa pensare – spiega Agnini – non era Salò al centro dei giochi politici dell’alleanza italo-tedesca, è un falso storico, in quanto nell’altra cittadina rivierasca aveva sede esclusivamente l’Agenzia Stefani che diramava le veline alla stampa ed alla radio, dopo l’attento esame dell’ufficio di controllo tedesco; alla fine di ogni comunicato veniva posta la data e il luogo, da qui Repubblica di Salò. Desenzano fu anello politico e militare fra il regime nazista e la Rsi: vi avevano sede infatti i “due poli del male”: l’Alto comando delle Ss guidato dal Generale Karl Wolff, nominato plenipotenziario politico e militare per l’Italia e, come già detto, l’Ispettorato della razza. Oltre alla pianificazione dell’eliminazione degli ultimi e degli oppositori da Desenzano si ordinavano e venivano organizzate dunque rappresaglie, stragi e rastrellamenti».
«Questa storia ai più non è nota perché volutamente insabbiata: tra i palazzi del potere molti miei concittadini si erano arricchiti e il boom del settore turistico ha di fatto reso ancora più scomoda la realtà. Come a Desenzano così in tutta Italia – spiega Agnini – non c’è la volontà di fare una lettura corretta della memoria storica, nel nostro Paese non si ebbe il coraggio di istituire una vera e propria “Norimberga italiana”. Ed è così che nella torbida narrazione di ciò che rappresentò l’Rsi si è dato spazio a reinterpretazioni e relativismi che hanno permesso ai discendenti dell’ideologia fascista di professarla, persino nell’aula dove fu giurata la Costituzione. In Italia è necessario un risarcimento non tanto materiale quanto morale e storico nei confronti delle vittime delle violenze fasciste, un risarcimento basato sul disvelamento totale di ciò che fu: cerchiamo di portare a galla la verità».
Agnini così in decenni di studi e ricerche ha creato un itinerario storico che ripercorre i luoghi cruciali dove andò in scena una delle pagine più nere della nostra storia.
«Il percorso non è e non deve essere considerato un itinerario della sola memoria – continua il professor Agnini -. È sicuramente un viaggio nella conoscenza, utile per riflettere, parafrasando Primo Levi “per ricordare che questo è stato”. Partendo proprio da ciò che è stato possiamo essere condotti alla consapevolezza, fondamenta per costruire una società civile. Non si vuole fare un’operazione di memoria passiva, tutt’altro. Si vogliono mettere le basi per un progetto che ponga i presupposti per avere cittadini pensanti, consapevoli, figli e fratelli di una stessa unica patria».
L’Itinerario tocca cinque punti cardine: inizia dal Monumento alla Resistenza dove sono raffigurati due uomini in catene, che prende spunto dal Monumento alle Fosse Ardeatine e, nella realizzazione artistica dello scultore Gatti, sono raffigurate due donne che rappresentano sia il dolore, sia la forza di questo importante e basilare elemento, la figura femminile, che seppe nei momenti del male tenere coesa la società. Al termine dell’Itinerario si raggiunge il Bosco della Memoria dove, appunto, vengono ricordate alcune figure femminili di Desenzano che operarono, rischiando, per il bene. Si attraversano poi: piazza Malvezzi, la piazza dedicata a al partigiano desenzanese trucidato dai nazisti il 28 aprile 1945; l’Hotel Mayer, sede delle Ss tedesche; l’ispettorato della razza, cuore burocratico della deportazione di migliaia di esseri umano nei campi di concentramento e sterminio; infine Villa della Volta, da cui partirono Guido e Alberto (l’amico Alberto di Primo Levi) per finire la loro vita ad Auschwitz.
«Come diceva il Card. Martini – conclude Agnini – in chiesa non dovrebbero venirci solo i cattolici, dovrebbero frequentarla tutti, persone di fede diversa ed anche coloro che non hanno fede. Allo stesso modo a seguire l’Itinerario storico dovrebbero venire tutti, senza distinzione di credo, in questo caso, politico. Questo non è uno strumento “contro”, ma a favore della conoscenza, nel rispetto dell’altro si richiede solo una riflessione. Deve essere una base di pacificazione nella conoscenza, non è, dobbiamo ripetere, non vuole e non deve essere considerato un mezzo di contrapposizione».
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