L’annoso problema delle scritte sui cessi, sui cessi delle scuole o sui cessi dell’autogrill o sui cessi dei bar o sui cessi delle discoteche, è qualcosa che non meriterebbe nemmeno due righe su un giornalino di quartiere o su un notiziario della scuola. Niente.
Che le scritte sui cessi oggi siano un argomento di discussione perché apparse (anzi, incise, poiché non appaiono le scritte sui cessi ma sono vergate dalla mano consapevole di chi si prende la briga di calcare con cura) in uno dei bagni di Montecitorio fotografa perfettamente il momento. E, attenzione, non staremo qui a discutere del presunto onorevole che si è preso il disturbo di incidere un verso fascista («Es braust unser panzer», che tradotto significa «Il nostro carro armato sta ruggendo»: il verso è tratto dal Panzerlied, tra i canti più diffusi durante la Seconda guerra mondiale tra i soldati della Wehrmacht) poiché come si affrettano a chiarire dalla Camera dei deputati quel bagno è accessibile anche a giornalisti, funzionari e scolaresche in gita (e facciamo finta di crederci) ma ci interessa di più sapere che il cesso da violare ora diventa il cuore delle istituzioni e soprattutto che inneggiare al fascismo, per fortuna, è una moderna forma di pornografia.
È una coerente fotografia di questo tempo: le istituzioni sono il luogo in cui si nota ancora di più se si grida forte, ancora più forte. Non sono mica i luoghi dove esercitare le proprie nobiltà ma la vetrina perfetta per dare sfogo alla propria stupidità, stolidità, fatuità.
Bene, direi. Avanti così.
Buon martedì.