A leggere i titoli dei quotidiani italiani viene subito un moto di voltastomaco: nel giorno in cui Israele compie i suoi settant’anni, cinquanta palestinesi morti ammazzati rimangono per terra insieme ai pezzi di migliaia di feriti. Trump ufficializza l’apertura dell’ambasciata USA a Gerusalemme e questi decidono di festeggiare bevendo sangue, mangiandosi cadaveri e godendo del pregiudizio internazionale di chi ancora ha il coraggio di raccontarli come una democrazia illuminata.
Verrebbe da chiedersi cosa dovrebbe accadere perché anche qui in Italia si possa puntare il dito contro le derive sanguinarie di Tel Aviv che continua ad essere raccontata come una capitale davvero democratica, davvero occidentale e davvero digeribile.
«La politica israeliana ha spazzato via ogni possibilità di uno Stato Palestinese. Mi domando se non bisogna anche smettere di ripetere ipocritamente la formula “Due Popoli, Due Stati”. Lo Stato Palestinese non c’è più, è stato occupato, colonizzato. I territori palestinesi sono ormai come riserve indiane. Il vero problema che si pone è quello dei diritti umani e civili della popolazione. Uno Stato Palestinese non c’è più, c’è solo uno scenario sudafricano, in cui i palestinesi vivono una forma di apartheid. L’Europa pare non voler capire che questa situazione rappresenta una minaccia diretta: l’odio che Israele e Usa attirano verso tutto l’Occidente potrà portare a nuove reclute per il terrorismo, a nuove ondate di rifugiati, e saremo noi europei a pagare il prezzo di questa ferita aperta»: le parole, condivisibili da scolpire nelle dieci tavole dell’ennesimo eccidio in nome di un qualche dio sono di Massimo D’Alema. Sì, avete letto bene. M a s s i m o D’ A l e m a. Se D’Alema è l’unico a dire quello che la giustizia si aspetterebbe di ascoltare significa che forse c’è un problema.
È lo stesso problema che spinge certi quotidiani nazionali a titolare “scontri” per raccontare dello sterminio iperarmato di uno Stato contro ribelli inermi. È lo stesso problema di qualche vate antimafia che insiste nel non vedere le violenze di Netanyahu illudendosi di vederlo veramente leader.
Chissà se un giorno anche qui dalle nostre parti si avrà il polso di riconoscere che lo Stato che rappresenta quel popolo così storicamente oppresso oggi è diventato il simbolo di un’oppressione che insiste nel volersi condonare per ciò che ha subito senza prendersi la responsabilità di ciò che fa subire ad altri. Chissà quanto tempo servirà per riconoscere le vittime diventate aguzzini. Chissà quando si smetterà di torgliersi il cappello di fronte a Israele.
Buon giovedì.