Roma, 24 agosto 2017. Nella centralissima piazza Indipendenza, i getti degli idranti della polizia del capo Gabrielli e del ministro dell’Interno Minniti investono volti e corpi dei rifugiati eritrei che si erano accampati in strada. I manganelli d’ordinanza librano in aria e si abbattono sui presenti, tra cui molte donne. Colpevoli, insieme alle loro famiglie, di resistere al nuovo sgombero, dopo che alcuni giorni prima erano stati allontanati dal palazzo in cui vivevano da circa quattro anni, in 800 circa, nella adiacente via Curtatone. Tutto si svolge di fronte agli occhi terrorizzati dei bambini, in lacrime. Il bilancio sarà di più d’una dozzina di feriti, e alcune persone portate in ospedale.
Catania, 24 agosto 2018. Un gruppo di migranti, 150, sopravvivono da giorni bloccati a bordo del pattugliatore della Guardia costiera Diciotti. In gravi condizioni fisiche (casi di tubercolosi, scabbia, polmonite) e psicologiche. A disposizione, due bagni chimici per tutti, un tubo con acqua fredda per la doccia, il ponte della nave come giaciglio. Sono stati soccorsi a ferragosto nel Mediterraneo. I 27 minori imbarcati insieme a loro erano stati fatti scendere, dopo una lunga settimana di attesa. Grazie anche agli interventi di Garante dei detenuti prima, e Procura dei minorenni di Catania poi. «Abbiamo accolto 27 scheletrini», ha commentato eloquente un’operatrice umanitaria di Terre des hommes. A tenere in ostaggio la pattuglia di migranti, mediante un cavillo amministrativo datato 2015 che lascia al Viminale il compito di dare semaforo verde allo sbarco, il ministro dell’Interno, Salvini. Ora indagato per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Rimettendosi alle sue esternazioni, l’assurdo ricatto di tenere sotto scacco ad oltranza una nave dell’esercito del proprio Paese colma di migranti avrebbe dovuto convincere l’Ue ad essere maggiormente solidale nell’accoglienza. Talmente assurdo che l’Ue rimane in silenzio, e tira dritto. Ad accogliere i migranti, poi, si fanno avanti Dublino e Tirana, singoli Paesi. Insieme alla Conferenza episcopale, che ne prende in carico un centinaio e li smista in alcuni Centri che fanno parte della rete italiana di accoglienza. La situazione, dunque, si sblocca. Gli adulti scendono, nella notte tra il 25 e il 26 agosto. Neanche una donna, tra le superstiti, era stata risparmiata da abusi sessuali durante l’odissea che le ha condotte in quella che immaginavano terra amica. Come confermano i medici della sanità portuale.
Diverso luogo, diverso (?) governo, medesima dinamica. Forti con i deboli. E medesime vittime: i sopravvissuti della Diciotti, oltre ad alcune persone provenienti da Bangladesh, Siria, Egitto, Somalia, Isole Comore, sono anch’essi in massima parte eritrei. Fuggiti da una leva obbligatoria che spesso si tramuta in lavori forzati, da persecuzioni e una repressione del dissenso fatta di abusi e punizioni corporali. Violenze che rappresentano il prolungamento ideale di quelle del regime italiano, che nel corno d’Africa aveva insediato la propria colonia. Ma si tratta di considerazioni distanti anni luce dai tweet di Salvini, che grida vittoria. Per ora.
«Il caso Diciotti è gravissimo, da molti punti di vista», commenta Francesca De Vittor, ricercatrice in diritto internazionale all’Università Cattolica. «Innanzitutto, la dichiarazione esplicita di Salvini di aver bloccato per giorni queste persone per ottenere un intervento dell’Europa, rende palese come il trattenimento sia sprovvisto di base giuridica nell’ordinamento italiano e non rientri in nessuno dei casi in cui l’art. 5 della Convenzione sui diritti dell’uomo legittimerebbe…