«È il mio ultimo mandato da cancelliera, lascio anche le presidenza del mio partito. Non voglio più incarichi politici».
E poi.
«I risultati nelle elezioni sono oltremodo amari e deludenti […] È deplorevole, perché il governo ha portato un bilancio convincente […] Ho la responsabilità di tutto, per quello che riesce e per quello che non riesce. E’ giunto il momento di aprire un nuovo capitolo: non mi ricandiderò come presidente della Cdu, questo quarto mandato è l’ultimo come cancelliera, non mi ricandiderò al Bundestag nel 2021 e non voglio altri incarichi politici».
E poi.
«È chiaro che così non si può andare avanti. L’immagine del governo è inaccettabile […] E questo ha ragioni più profonde che ragioni di comunicazione», ha affermato rimandando a un problema di «cultura del lavoro».
E poi.
«Voglio lasciare i miei incarichi con dignità, così come li ho svolti».
Sono le parole della cancelliera Merkel che annuncia il proprio ritiro dalla scena politica per quella che qui in Italia sarebbe discussa per mesi come “normale flessione”. Al di là delle azioni politiche della Merkel (su cui ognuno ha il proprio giudizio, il mio è molto poco buono) queste parole rappresentano perfettamente la differenza tra chi è capace di autocritica e chi no. Non serve nemmeno suggerire i paragoni recenti, ognuno può farseli da sé.
Mi viene in mente però una frase di Giovanni Soriano, dal suo libro Malomondo, che dice:
«A tutti può succedere di commettere degli errori, è naturale; ma mentre l’assennato se ne rammarica e tenta di porvi rimedio promettendo a sé stesso di non ricadervi in futuro, lo stupido neppure si avvede di commetterne. È per questo motivo che alle persone intelligenti capita spesso di sentirsi un po’ stupide e gli stupidi non dubitano mai della propria intelligenza».
Ecco tutto.
Buon martedì.