Ieri è morto Fernando Aiuti. Laureato in medicina presso l’Università La Sapienza di Roma all’inizio degli anni Sessanta, Aiuti si batté per anni per evitare che i malati di Aids fossero emarginati dalla società in Italia. Furono gli anni in cui l’Aids era sventolato con facile terrorismo per continuare a rimestare nel torbido che spaventa ma che allo stesso tempo permette di vendere copie, di aizzare le folle e di ritagliarsi uno spicchio di visibilità nella folta schiera degli spaventatori.
Il 1 dicembre 1991 Ferdinando Aiuti baciò Rosaria Iardino, sieropositiva, per abbattere il falso mito riguardante la via di trasmissione del virus HIV attraverso il bacio. Poche ore prima Il Mattino aveva pubblicato l’ennesima bufala sulla trasmissione della malattia (non c’erano internet e pure proliferavano le bufale, anche se in molti l’hanno dimenticato) e all’immunologo bastò un semplice gesto per mettere a tacere i ciarlatani ma soprattutto per rassicurare un’intera nazione. E infatti quella foto fece il giro del mondo.
Fernando Aiuti non ha avuto bisogno nemmeno delle parole per allontanare i miasmi di un pregiudizio infondato eppure drammaticamente popolare e questa mattina pensavo che la sua lezione, a pensarci bene, è di un’attualità quasi imbarazzante: la rarità di chi si occupa di rassicurare piuttosto che demolire, demonizzare, bastonare (blastare, si dice in termini internettiani) i pregiudizi sbagliati, occupandosi di smontare le false credenze pezzo per pezzo con pazienza artigianale piuttosto che rivendicando la superiorità delle proprie posizioni.
Rosaria Iardino, la donna di quella foto, oggi ha cinquantun anni e ventisei anni dopo quel bacio alla Fiera Campionaria di Cagliari vive a Milano con sua moglie Chiara e le sue figlie e ancora oggi si batte per un corretta informazione sui temi dell’Aids. Ricorda come ai tempi l’equazione Hiv uguale Aids fosse automatica: «Oggi – ha raccontato in un’intervista al Corriere – la qualità della nostra vita è migliorata tanto, trent’anni fa era difficile prevedere il futuro. All’inizio la mia principale preoccupazione era di arrivare alla stagione successiva, adesso è di conservare l’ottima salute che ho.»
Come disse Marie Curie: «Niente nella vita va temuto, dev’essere solamente compreso». E quanto ne abbiamo bisogno di uomini di scienza e di cultura che si prendano cura (nel senso più potente, mica solo quello sanitario) di un Paese che marcisce tra le sue paure.
Buon giovedì.