L’aborto è un evento della vita riproduttiva delle donne. È un evento che può riguardare ogni donna, a qualunque età della sua vita fertile e di qualunque condizione sociale, quando sopraggiunga una gravidanza non prevista. Una gravidanza non prevista è quella non programmata, o che non si desidera portare avanti in quel momento della vita.
Dal quando, nel 1978, tale evento è stato legalizzato nel nostro Paese, viene praticato nelle strutture sanitarie previste dalla legge e dovrebbe svolgersi secondo le regole della buona pratica medica. La buona pratica si basa su standard di qualità e sicurezza. Questi standard derivano da evidenze, dalla letteratura e dalla organizzazione sanitaria.
Con queste premesse, riesce difficile comprendere il senso della proposta avanzata nei giorni scorsi da Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, assessore – tra l’altro – alla Delegificazione e semplificazione dei percorsi amministrativi (bel paradosso!), di introdurre, una volta superata l’emergenza legata alla pandemia Sars Cov-2, delle “contro linee-guida” sull’aborto farmacologico, in contrasto con quelle approvate ad agosto dal ministero della Salute. Quelle linee guida che prevedono la possibilità della somministrazione della pillola abortiva Ru486 anche in regime di day-hospital o in ambulatorio collegato funzionalmente con l’ospedale. Indicazioni che fanno seguito al nuovo parere del Consiglio superiore di sanità, che aveva recepito la richiesta in tal senso da parte della maggiori società scientifiche italiane, quali la Sigo e l’Aogoi e delle associazioni impegnate da anni su questo argomento, sulla base dell’immensa letteratura scientifica esistente ormai da decenni su questa procedura. (v. Left del 21 agosto 2020). Sostenendo l’incompatibilità di tali indicazioni con la legge 194, l’assessore Marrone ha chiesto un parere legale all’Avvocatura regionale.
La reazione di Sivio Viale, ginecologo dell’ospedale Sant’Anna di Torino, il primo a sperimentare autonomamente l’aborto farmacologico in Italia, era stata netta: «Marrone, come al solito, non legge. È una cosa ridicola andare a scomodare l’avvocatura perché il Piemonte prescrive la Ru486 in day hospital già da anni. Io, personalmente, sono 10 anni che pratico aborti farmacologici e da sei lo faccio in day hospital, quindi senza ricovero. Marrone, invece, deve fare il suo gioco, deve comportarsi da conservatore anti-abortista, ma almeno si informasse. In Piemonte si…
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Mirella Parachini è vice-segretario Associazione Luca Coscioni e co-fondatrice di Amica e conduce la trasmissione Il Maratoneta su Radio Radicale
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