Un anno di pandemia grava sulle nostre spalle. Per molti un anno pieno di lutti, di dolore per la perdita di persone care. Per tutti un anno di distanziamento sociale, che troppo spesso è diventato isolamento, a cui ora si aggiunge la crescente preoccupazione per quel che potrà accadere quando verrà meno il blocco dei licenziamenti, mentre la crisi economica è sempre più nera e le disuguaglianze diventano abissali. E tutto questo mentre la campagna vaccinale procede a rilento e i governi nazionali impotenti subiscono il ricatto delle multinazionali del farmaco. Tanto più in Italia alle prese con una inopportuna e irresponsabile crisi di governo.
Pur avendo addosso tutta la fatica degli ultimi 365 giorni dobbiamo ancor più cementare la nostra vitalità e resistenza a livello individuale e collettivo, sviluppare capacità di reagire e di immaginare una via d’uscita dal tunnel. Non è facile. E tanto meno lo è per chi aveva già delle fragilità psicologiche che questa situazione può aver acuito e per chi ha visto ridursi le proprie possibilità di accesso alle terapie. Uno studio di Openpolis documenta che la crisi scoppiata col Covid-19 è stata particolarmente difficile per le persone che necessitano di servizi psichiatrici e psicologici. «Durante la prima ondata dei contagi, uno o più servizi dedicati a pazienti con problemi mentali, neurologici o di abuso di sostanze stupefacenti sono rimasti paralizzati in quasi tutti i Paesi monitorati dall’Organizzazione mondiale della Sanità». Di fatto 3 su 4 servizi di igiene mentale sono stati sospesi in Europa a causa della crisi da Covid-19. A fronte di una drastica riduzione dei servizi sanitari in presenza diffusi sul territorio c’è stato un aumento di offerta di servizi sanitari online da remoto nell’ambito della psichiatria. Ma non in tutti i Paesi alla stessa maniera.
Secondo i dati dell’Associazione europea di psichiatria riportati da Openpolis oltre il 75% dell’assistenza psichiatrica durante la prima ondata di Covid-19 in Europa è stata fatta online, ma con grandi differenze tra una nazione e l’altra. Quando è scoppiata la pandemia solo Finlandia, Paesi Bassi e Svezia avevano attivato programmi di psichiatria online a livello nazionale (fonte Oms). Grecia e Spagna avevano appena lanciato programmi pilota da remoto, mentre in Italia, Croazia e Lituania si registravano solo «iniziative sporadiche o informali». Ovunque hanno pesato differenze nella possibilità di accesso agli strumenti tecnologici e, per i più anziani, una più scarsa alfabetizzazione digitale. Avendo ancora davanti un lungo cammino prima di arrivare all’immunità di gregge come effetto di vaccinazioni di massa il punto è come colmare questi gap che lasciano esposte le persone malate e più fragili. Ma anche come fare prevenzione. Con particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti cercando di comprendere quale impatto ha avuto sulla loro vita emotiva e sulla loro realtà psichica un anno di mancanza di relazioni sociali e di scuola in presenza con quel che la scuola significa non solo come occasione formativa ma anche relazionale.
Il direttore generale dell’Oms, Tedros A. Ghebreyesus, ha lanciato un allarme sull’impatto psicologico che l’emergenza in corso avrà non solo su chi ha già patologie conclamate. Gli esperti di salute mentale temono un’ondata di problemi psichici, ansia, conseguenze, da stress post traumatico. Fra i più colpiti da stress post traumatico e burnout ci sono i professionisti in campo sanitario, i medici, gli infermieri che ormai da molti mesi sono sempre in prima linea. Ma tra i più a rischio ci sarebbero, come accennavamo, anche gli adolescenti che si sono trovati ad affrontare questo periodo della vita caratterizzato da grandi cambiamenti da soli, stando chiusi nella propria cameretta trascorrendo sempre più tempo sui social.
Come riportiamo in questo numero di Left alcune ricerche parlano di un notevole aumento di casi di cyberbullismo e di autolesionismo, mentre drammatici casi di cronaca riportano in primo piano il rischio che i bambini in rete si possano trovare esposti a contenuti violenti, fra i quali anche “giochi” che istigano al superamento del limite e al suicidio. Senza demonizzare i social network, come proteggere i più piccoli e come intervenire per stimolare consapevolezza dei rischi, senso critico? Come cogliere i segnali del loro disagio che talora potrebbe non essere solo “disagio” ma essere espressione di una patologia? Sappiamo bene che la diagnosi e l’intervento precoce sono determinanti specie quando si parla di giovani. La chiusura delle scuole ha avuto come conseguenza anche l’impossibilità di poter avere l’aiuto fornito ai ragazzi dagli sportelli psicologici. Di tutto questo abbiamo parlato con alcuni dei maggiori esperti del settore, psichiatri e psicoterapeuti dell’età evolutiva in primis, chiedendo loro di aiutarci a tracciare un quadro della situazione anche suggerendo strumenti e possibilità di intervento.
Riuscire a reagire in modo sano a una situazione così difficile che si protrae ormai da lunghissimo tempo è la sfida che ci riguarda tutti. Così oltre a chiedere agli psichiatri di aiutarci a capire cosa sono e come si manifestano disturbi post traumatici da stress o, per esempio, come distinguere forme di depressione reattiva (dettata da una situazione oggettivamente drammatica) dalla depressione patologica più grave, abbiamo anche cercato di stimolarli a parlare delle risorse emotive e trasformative legate alla nostra identità più profonda. Cosa ci dicono a questo proposito i sogni? La pandemia in che modo ha impattato sull’attività onirica? In che modo cerchiamo di elaborare la situazione di crisi che stiamo attraversando? È un tema che ci apparso molto affascinante da affrontare perciò ci siamo rivolti a un team di psichiatri che sta studiando da mesi questo aspetto, curiosi di conoscere a quali risultati siano giunte le loro ricerche. Anche nei sogni, insomma, possiamo trovare una risorsa per non arrenderci. «Il pensiero e l’identità non razionale sono un nucleo di resistenza contro la violenza visibile e invisibile» di certa politica e cultura che guarda solo al profitto e non all’umano, scrive lo psichiatra Domenico Fargnoli.
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L'editoriale è tratto da Left del 29 gennaio - 4 febbraio 2021
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Un anno di pandemia grava sulle nostre spalle. Per molti un anno pieno di lutti, di dolore per la perdita di persone care. Per tutti un anno di distanziamento sociale, che troppo spesso è diventato isolamento, a cui ora si aggiunge la crescente preoccupazione per quel che potrà accadere quando verrà meno il blocco dei licenziamenti, mentre la crisi economica è sempre più nera e le disuguaglianze diventano abissali. E tutto questo mentre la campagna vaccinale procede a rilento e i governi nazionali impotenti subiscono il ricatto delle multinazionali del farmaco. Tanto più in Italia alle prese con una inopportuna e irresponsabile crisi di governo.
Pur avendo addosso tutta la fatica degli ultimi 365 giorni dobbiamo ancor più cementare la nostra vitalità e resistenza a livello individuale e collettivo, sviluppare capacità di reagire e di immaginare una via d’uscita dal tunnel. Non è facile. E tanto meno lo è per chi aveva già delle fragilità psicologiche che questa situazione può aver acuito e per chi ha visto ridursi le proprie possibilità di accesso alle terapie. Uno studio di Openpolis documenta che la crisi scoppiata col Covid-19 è stata particolarmente difficile per le persone che necessitano di servizi psichiatrici e psicologici. «Durante la prima ondata dei contagi, uno o più servizi dedicati a pazienti con problemi mentali, neurologici o di abuso di sostanze stupefacenti sono rimasti paralizzati in quasi tutti i Paesi monitorati dall’Organizzazione mondiale della Sanità». Di fatto 3 su 4 servizi di igiene mentale sono stati sospesi in Europa a causa della crisi da Covid-19. A fronte di una drastica riduzione dei servizi sanitari in presenza diffusi sul territorio c’è stato un aumento di offerta di servizi sanitari online da remoto nell’ambito della psichiatria. Ma non in tutti i Paesi alla stessa maniera.
Secondo i dati dell’Associazione europea di psichiatria riportati da Openpolis oltre il 75% dell’assistenza psichiatrica durante la prima ondata di Covid-19 in Europa è stata fatta online, ma con grandi differenze tra una nazione e l’altra. Quando è scoppiata la pandemia solo Finlandia, Paesi Bassi e Svezia avevano attivato programmi di psichiatria online a livello nazionale (fonte Oms). Grecia e Spagna avevano appena lanciato programmi pilota da remoto, mentre in Italia, Croazia e Lituania si registravano solo «iniziative sporadiche o informali». Ovunque hanno pesato differenze nella possibilità di accesso agli strumenti tecnologici e, per i più anziani, una più scarsa alfabetizzazione digitale. Avendo ancora davanti un lungo cammino prima di arrivare all’immunità di gregge come effetto di vaccinazioni di massa il punto è come colmare questi gap che lasciano esposte le persone malate e più fragili. Ma anche come fare prevenzione. Con particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti cercando di comprendere quale impatto ha avuto sulla loro vita emotiva e sulla loro realtà psichica un anno di mancanza di relazioni sociali e di scuola in presenza con quel che la scuola significa non solo come occasione formativa ma anche relazionale.
Il direttore generale dell’Oms, Tedros A. Ghebreyesus, ha lanciato un allarme sull’impatto psicologico che l’emergenza in corso avrà non solo su chi ha già patologie conclamate. Gli esperti di salute mentale temono un’ondata di problemi psichici, ansia, conseguenze, da stress post traumatico. Fra i più colpiti da stress post traumatico e burnout ci sono i professionisti in campo sanitario, i medici, gli infermieri che ormai da molti mesi sono sempre in prima linea. Ma tra i più a rischio ci sarebbero, come accennavamo, anche gli adolescenti che si sono trovati ad affrontare questo periodo della vita caratterizzato da grandi cambiamenti da soli, stando chiusi nella propria cameretta trascorrendo sempre più tempo sui social.
Come riportiamo in questo numero di Left alcune ricerche parlano di un notevole aumento di casi di cyberbullismo e di autolesionismo, mentre drammatici casi di cronaca riportano in primo piano il rischio che i bambini in rete si possano trovare esposti a contenuti violenti, fra i quali anche “giochi” che istigano al superamento del limite e al suicidio. Senza demonizzare i social network, come proteggere i più piccoli e come intervenire per stimolare consapevolezza dei rischi, senso critico? Come cogliere i segnali del loro disagio che talora potrebbe non essere solo “disagio” ma essere espressione di una patologia? Sappiamo bene che la diagnosi e l’intervento precoce sono determinanti specie quando si parla di giovani. La chiusura delle scuole ha avuto come conseguenza anche l’impossibilità di poter avere l’aiuto fornito ai ragazzi dagli sportelli psicologici. Di tutto questo abbiamo parlato con alcuni dei maggiori esperti del settore, psichiatri e psicoterapeuti dell’età evolutiva in primis, chiedendo loro di aiutarci a tracciare un quadro della situazione anche suggerendo strumenti e possibilità di intervento.
Riuscire a reagire in modo sano a una situazione così difficile che si protrae ormai da lunghissimo tempo è la sfida che ci riguarda tutti. Così oltre a chiedere agli psichiatri di aiutarci a capire cosa sono e come si manifestano disturbi post traumatici da stress o, per esempio, come distinguere forme di depressione reattiva (dettata da una situazione oggettivamente drammatica) dalla depressione patologica più grave, abbiamo anche cercato di stimolarli a parlare delle risorse emotive e trasformative legate alla nostra identità più profonda. Cosa ci dicono a questo proposito i sogni? La pandemia in che modo ha impattato sull’attività onirica? In che modo cerchiamo di elaborare la situazione di crisi che stiamo attraversando? È un tema che ci apparso molto affascinante da affrontare perciò ci siamo rivolti a un team di psichiatri che sta studiando da mesi questo aspetto, curiosi di conoscere a quali risultati siano giunte le loro ricerche. Anche nei sogni, insomma, possiamo trovare una risorsa per non arrenderci. «Il pensiero e l’identità non razionale sono un nucleo di resistenza contro la violenza visibile e invisibile» di certa politica e cultura che guarda solo al profitto e non all’umano, scrive lo psichiatra Domenico Fargnoli.