«Il poeta ha le sue giornate contate come tutti gli uomini, ma quanto quanto variate…» scriveva Umberto Saba. ll grande poeta triestino coglieva le tante sfumature emotive di un animo umano che percepisce il mondo intorno a sé in modo non convenzionale, come succede anche a chi, dotato di forte sensibilità, vive la realtà e insieme ne percepisce altri significati, ne trascolora il senso quasi, evocando realtà invisibili, lontane, senza staccarsi da ciò che accade. Forse è un suono speciale che in molti, a giudicare dalla quantità della “produzione” («italiani popolo di navigatori e poeti»? che affolla le segreterie di case editrici minori o maggiori, nel nostro Paese, di pubblicazioni auto pagate, pensano di ascoltare. Ma la musica vera ha un tono in più. Lo sentiremo nella rassegna che ci attende il 14 aprile a Roma, con l’Auditorium di via della Conciliazione trasformato in un salone, un’agorà in cui si alterneranno poeti provenienti da tutto il mondo. Ritratti di poesia è la più importante riunione di poeti che negli ultimi sedici anni ha attraversato la capitale, forse la penisola, e ospita più di trenta poeti in un susseguirsi di letture, presentazioni, incontri. Lungo l’arco di una sola giornata nei ventiquattro incontri viene testimoniato il lavoro di lunghi anni.
Come per Tess Gallagher (Viole nere, Il ponte che attraversa la luna) che si è detta onorata dal premio che viene tribuito dal Paese di Dante a lei, americana cresciuta nei campi di taglialegna di fronte all’isola Victoria in Canada.
Ritratti di poesia premia la vita di studio e ricerca, la stessa che vibra nelle parole di Maria Grazia Calandrone, poeta amatissima (leggi l’intervista a Calandrone per Left di Barbara Pelletti ndr), riconosciuta da molte giurie letterarie (premio Pasolini, Dessi, Montale, Camaiore, ne citiamo solo alcuni) e attualmente nella cinquina, (che potrebbe diventare sestina) del Premio Strega, con il romanzo pubblicato da Einaudi Dove non mi hai portata. Ricerca svolta non solo all’interno della propria storia, per saperla raccontare, ma anche come nel suo caso, con i detenuti, con i quali ha svolto laboratori. Ma anche con gli studenti di liceo, come accadrà nell’incontro mattutino previsto per “Ritratti”. Per questa occasione le chiedo della sua presenza nello spazio “Caro poeta”, che vedrà un dialogo tra lei, accompagnata dal poeta marchigiano Nicola Bultrini (I fatti salienti, La forma di tutti) e le classi di tre licei romani.
Ha molti impegni, l’intervista è veloce, chiedo: Quanto è difficile misurarsi con degli adolescenti? «Direi che è una sfida», risponde (e sappiamo dai suoi libri come sa affrontarle). «Da tempo la cultura è sotto attacco – continua – e per difendersi da chi si comincia se non da e con loro a cambiare le cose? Sono loro che rappresentano il futuro. Io sfrutto questa mia “ossessione per gli altri”». Lo dice ridendo, sa che la sua caratteristica è proprio la forza di un reale interesse che mette nei rapporti. «E metto a disposizione quel che ho», dice. Durante il lockdown per la pandemia da Covid-19 faceva lezione su You tube a studenti e detenuti, e a chi come loro cercava il calore di una voce che portasse sostanza. «Leggevo on line il “Notturno” di Alcmane», racconta (il frammento designato con il n.89 del poeta greco) e declama: «Dormono le cime dei monti e le gole, i picchi e i dirupi e le schiere di animali, quanti nutre la nera terra e le fiere abitatrici dei monti e la stirpe delle api e i mostri negli abissi del mare purpureo: dormono le schiere degli uccelli dalle ali distese….». Per un attimo la potenza antica di quei versi che arrivano da secoli di superba civiltà risuonano come il cratere di un vulcano, nell’aria, nei telefoni, finendo dentro al cuore… Un silenzio, poi Maria Grazia Calandrone riprende velocemente: «Questo testo mi ha aperto la fantasia, mi ha conquistato e fatto decidere che la mia vita sarebbe stata questa. I ragazzi sono schiacciati dalla mercificazione continua cui li sottopone il modo di studiare, il mercato, la tv, noi cerchiamo di dar loro una prospettiva diversa di sé stessi».
Sì, caro poeta. Perciò caro poeta. Lavoro importante e delicato, coadiuvato, preparato da alcuni insegnanti dei Licei Machiavelli, Vittoria Colonna, Cavour di Roma: il docente Giovan Battista Elia insegna al Cavour, ancora prima insegnava al Kant: «Se vogliamo sottrarre i nostri ragazzi al modo di pensare instillato dalle prove invalsi, che mirano a ridurre la risposta ad un quesito con una crocetta, dobbiamo trovare degli spazi nuovi, spazi mentali, mirare all’autonomia di giudizio», dice e aggiunge: «Io uso ogni cosa per metterli a contatto con una dialettica diversa, per esempio andare a leggere Giovenale ai Fori, invece che in classe». Ci racconta che con i ragazzi parla di attualità, in primis della guerra, ma anche di temi di ricerca: «Mettiamo a confronto matematica e arte, il valore di una linea per esempio, di un disegno geometrico espressione di chi disegna ma anche di chi scrive. Studiamo poesia, il senso delle parole. Ha notato – mi dice – che a molti della nuova generazione mancano le parole per esprimersi?».
La professoressa Doriana Macrì del liceo Vittoria Colonna, dopo tre anni di esperienza con “caro poeta”, ci racconta l’esperienza in questa nuova edizione con il contributo di Laura Cingolani. «A fine anno abbiamo organizzato una lezione magistrale da parte dell’anziano e noto poeta Elio Pecora», racconta. «La classe era di tredici-quattordicenni, un primo ginnasio, quindi pensavamo che non ce l’avremmo fatta a tenerli. Invece sono rimasti in silenzio assoluto per due ore, senza battere ciglio. Da non credere. A fine lezione hanno accompagnato il poeta, emozionato come loro, fino all’uscita dell’istituto. Elio Pecora era molto contento».
Ascoltando, viene alla mente che i Ritratti di poesia siano la rappresentazione di “come” si sta dentro alla poesia, di come si possa usare un linguaggio non razionale per indicare le cose, per significare la propria vita. Ognuno dei poeti presenti ha una personalità decisa, una storia, una provenienza diversa, un percorso che a volte pare segnato, a volte appare casuale, come afferma per quel che la riguarda la ottantenne deliziosa poeta Vivian Lamarque, a cui andrà il premio Fondazione Roma. Della sua vita di bambina rifiutata dalla famiglia di origine, ma adottata da affettuosi genitori, ha tratto amari insegnamenti, espressi, dopo lunga elaborazione, in uno stile piano, leggero, quasi infantile. «Scoperta per caso», così si dice, dal poeta Giovanni Raboni, che ha insistito per farla pubblicare. Racconti di libertà, ci sembra, di come sapersi separare dal dolore senza compatire sé stessi e la propria vicenda. La poesia chiede cuore saldo e sintesi, per mandare a segno la propria amorevole arma. Nella rassegna il massimo della sintesi è rappresentato dall’incontro “Ritratti di poesia.280”, poesia via Twitter, un esperimento? Forse meglio gli haiku.
Nei ritratti di “Poesia sconfinata” c’è attesa per il grande spagnolo Luis Garcia Montero, l’honkongese Mary Jean Chan e l’iraniana Mina Gorji (ancora una volta il racconto in versi sugli orrori per la guerra (Persepolis) e la nostalgia per la sua terra lasciata a quattro anni (Tehran) ma anche per la lezione del pittore-poeta Emilio Isgrò dal titolo “scrittura e cancellatura”.
Vincenzo Mascolo, instancabile curatore della rassegna fin dai suoi inizi, sottolinea il lavoro di due fotografe, Loredana Foresta e Stefania Rosielic, Scoprire la libertà. Sono foto che mostrano come si vede il mondo stando dietro un burqa. «Hanno fotografato la realtà indossandone uno», dice Mascolo, testimonianza estrema di un estremo limite cui sottoporre un umano. Il mondo di una donna, di tante donne senza diritto di parola, e neanche di sguardo. Ma anche nelle foto si vedrà il prima e il dopo, non a caso il titolo parla di scoperta. Uno dei poeti italiani contemporanei più conosciuti, Claudio Damiani, abituale ospite dei “Ritratti” ha scritto: «Se ci fosse restituito ciò che ci è stato tolto, che non è stato dato, ci hai mai pensato? se fosse che adesso soffriamo ma poi non soffriremo più, tutto ci sarà ridato e fossimo così pieni e soddisfatti da non chiedere, da non soffrire più ci hai pensato?».
Nella foto: Vivian Lamarque, frame dell’opera video di Silvio Soldini dedicata alla poetessa