Gelosia, controllo, stereotipi di genere: un sondaggio di Save the Children fa riflettere e ci spinge ad approfondire ancor più le cause e le dinamiche della violenza di coppia che emergono già tra gli adolescenti
Si parla di violenza di coppia in adolescenza, di Teen dating violence. Bene, perché in genere si conosce la violenza nelle coppie adulte ma quella dei ragazzi rimane in un mondo di sospensione che la rende pressoché inesistente. Invece c’è, se in un campione di 800 giovani italiani fra i 14 e i 18 anni più della metà ha vissuto nella relazione sentimentale comportamenti e atteggiamenti lesivi per la propria salute psichica e fisica. Lo dichiara un sondaggio diffuso da Save the Children assieme alla campagna social dall’hashtag Chiamala violenza. Parole efficaci per portare i ragazzi a distinguere i rapporti validi da quelli che sono invece pericolosi. La violenza si può vedere e chiamare per nome. Non solo quella visibile nel comportamento, ma anche quella nascosta in credenze e stereotipi e quella del tutto invisibile che si manifesta nel malessere dell’altro, ossia una violenza non cosciente che, esprimendosi come pulsione al di là del comportamento, può annullare, negare, sminuire, imbruttire la realtà psichica dell’altro e lederne l’identità (Fagioli, 1972). Per nominarla occorre però riconoscerla e in questo senso colpiscono i dati per cui la gelosia (30% degli intervistati) e la condivisione della password dei social (21%) sarebbero interpretati come prova d’amore. Preoccupa l’adolescente che, invece di muoversi nella naturale e complicata esplorazione del rapporto sentimentale, scivola in dinamiche violente, confondendo la premura con la prepotenza e il gesto d’amore con la possessività. Accade che un attaccamento eccessivo sia letto come interesse e che sia quindi accettato un atteggiamento di controllo e dominio: capita di trovare ragazze per le quali inviare una foto al loro ragazzo per mostrargli come sono vestite, rimanere in casa e non uscire con gli amici per far piacere a lui e farsi controllare ogni attività sullo smartphone è normale. Non c’è consapevolezza. A questo proposito ben vengano i centri antiviolenza per giovani che intende promuovere Carla Garlatti, autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, e gli interventi scolastici auspicati dal 43% dei ragazzi. Proposte essenziali. Ma se un 65% dei giovani dichiara di aver subìto almeno un comportamento di controllo, come essere chiamato al telefono con insistenza per sapere dove si trova, e un 26% racconta che il partner ha creato profili falsi online per controllarlo, significa che non sono sufficienti interventi scolastici né centri dedicati.

Questo articolo è riservato agli abbonati

Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login