“Sul mio corpo decido io”: queste sono state le parole scritte sui cartelloni dalle studentesse che ieri hanno contestato la ministra Eugenia Roccella agli Stati Generali della Natalità a Roma. Sembra surreale che ci sia ancora bisogno di affermare una frase tanto semplice, eppure c’è.
C’è perché solo poche settimane fa, il 16 aprile è stato approvato il decreto Pnrr che permette e agevola la presenza di associazioni antiabortiste e cattoliche all’interno dei consultori.
I consultori sono spazi di autodeterminazione, scelta consapevole e accesso alla salute sessuale e riproduttiva per tutte. Questi spazi non possono essere riempiti da chi molesta, perseguita, insulta e giudica le persone che vogliono interrompere la propria gravidanza.
Anche questo dovrebbe essere un concetto semplice da capire: se si vuole garantire un diritto non basta tutelarlo sulla carta ma bisogna rimuovere gli ostacoli sostanziali che lo impediscono.
Già dalla campagna elettorale la presidente Meloni ha ripetuto più volte che da parte sua non c’è mai stata «nessuna volontà di modificare la 194 ma quella di applicarla interamente», pensando che questa frasetta retorica bastasse ad ingannare tutte quelle ragazze e donne che sanno benissimo quanto possa essere difficile abortire anche con questa legge.
Non dovrebbero stupirsi quando noi giovani donne ci preoccupiamo per la nostra salute e i nostri diritti e ci arrabbiamo per le continue prese in giro di questo governo, ci offendiamo per una Ministra il cui compito dovrebbe essere quello di tutelare la parità di genere, che invece afferma «è molto più difficile trovare un ospedale dove partorire piuttosto che un ospedale dove abortire». Parole come queste, in un Paese in cui il 65% dei medici sono obiettori di coscienza, è semplicemente oltraggioso.
Gli stati generali della natalità avevano come obiettivo quello di discutere e mettere in luce l’emergenza demografica che vive da anni il nostro Paese.
Ancora una volta vediamo come questa destra misogina incolpi indirettamente le donne di questa crisi, semplicemente perché esercitano un diritto.
Se davvero Giorgia Meloni vuole impedire che una donna sia «costretta ad abortire» aumenti la spesa sociale, si occupi di disoccupazione femminile e gender pay gap, tolga il carico di cura sempre e solo sulle spalle delle donne, aumenti le tutele per la maternità ed elimini i costi legati all’istruzione.
Invece di attaccare e definire «spettacolo ignobile» la contestazione delle ragazze agli Stati generali della Natalità, la presidente del Consiglio Meloni dovrebbe interrogarsi sul perché delle ragazze così giovani abbiano sentito la necessità di esprimere un concetto così semplice «sul mio corpo decido io» davanti alla loro Ministra.
Da anni noi studenti e studentesse chiediamo che venga introdotta l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e invece ci si risponde con attacchi al nostro diritto di decidere sui nostri corpi, con slogan e festival propagandistici come gli stati generali della natalità.
Se oggi la Ministra non è riuscita a finire il suo intervento è perché le studentesse di questo Paese sono stanche delle sue parole offensive.
Dopo aver gridato alla censura per la contestazione di ieri oggi vediamo come un’altra volta gli studenti e le studentesse di questo Paese vengano repressi violentemente ogni volta che provano a esprimere pacificamente la loro opinione. Se ieri ad un gruppo di studentesse che hanno alzato la voce per contestare la ministra Roccella è stato detto di non rispettare il diritto degli altri di esprimere un pensiero, cosa dirà la presidente Meloni alla polizia che oggi ha spaccato le teste di ragazzi che stavano manifestando pacificamente contro gli Stati Generali della Natalità? E cosa dirà a quei ragazzi? Siamo davvero noi i violenti censori in questo Paese?