Per difendere i diritti delle donne e la legge 194, è fondamentale smascherare la violenza del pensiero religioso e della cultura che ne è intrisa

La misoginia della dottrina della Chiesa è ben nota da secoli. E quella guidata da papa Francesco la incarna senza tentennamenti. Quante volte lo abbiamo sentito paragonare le donne che si rivolgono a un ginecologo per abortire a chi assolda un killer? Nel 2018 additò come assassine le donne che decidono di abortire e disse che i medici, loro complici, sono dei sicari. Sul volo di ritorno da Bruxelles a Roma, ad inizio ottobre 2024, è tornato a ripeterlo ai giornalisti quasi con le medesime parole.
Il rapporto tra una donna e un uomo, per la Chiesa deve essere finalizzato solo alla procreazione. La libertà di scelta, l’autodeterminazione, la sessualità della donna non sono contemplate. Per il papa la donna è tale solo se vergine o madre. «Dio ha creato la donna perché tutti noi avessimo una madre», ha detto a Santa Marta il 9 febbraio 2017.
Agli Stati generali della natalità nel 2024 papa Francesco ha messo sullo stesso piano l’industria delle armi e la produzione di contraccettivi «perché impediscono la vita». Come se la contraccezione in Africa non avesse salvato milioni di persone da morte certa a causa dell’Hiv. Ma ricordiamo anche che nel 2013 in un passaggio di timone con Ratzinger che parlava di identità umana inscritta nel Dna del concepito, Bergoglio disse ai ginecologi che ogni bambino non nato, dal suo punto di vista, condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto del Signore, paragonando poi la Chiesa a un ospedale da campo. Una affermazione priva di senso, detta per generare senso di colpa nelle donne. Del resto, negli anni sono state innumerevoli le ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche su temi scientifici di embriologia e neonatologia di cui nulla sanno.
Ma che il papa faccia il papa non stupisce. Ma da donna, prima che da giornalista, mi stupisce che la sinistra si ostini a fare di lui un leader.
Mi colpisce a questo riguardo il fallimento dell’informazione mainstream. Quella del servizio pubblico in particolare. Poiché questi discorsi violenti e antiscientifici del papa vengono trasmessi “a reti unificate”. E c’è chi si genuflette abdicando al proprio compito di fare informazione corretta. Emblematico il caso della vice direttrice del Tg1 Incoronata Boccia che su Rai 3 il 20 aprile 2024 ebbe a dire che l’aborto «non è un diritto ed è un delitto», incurante che la legge 194 sia una legge dello Stato. Ma gli esempi potrebbero essere anche molti altri. Nel frattempo la Rai ha prolungato di altri 5 anni la convenzione con la Conferenza episcopale italiana per la trasmissione di contenuti religiosi nonostante la Cei a livello mediatico possa già contare sul canale Sat2000 oltre che su centinaia di testate giornalistiche locali e nazionali solo per fare degli esempi, mentre il Vaticano trasmette urbi et orbi tramite Telepace, Vatican Media HD, Radio Vaticana Italia, Radio Vaticana Europa, Radio Vaticana America, Radio Vaticana Africa e Radio Vaticana Asia. C’è davvero bisogno di lasciar dilagare la Chiesa anche in Rai al punto di dover ascoltare su temi eticamente sensibili, bioetici e scientifici anche il parere di sacerdoti e monsignori? Quale contributo possono dare trasmissioni come “La via di Damasco” in cui si racconta, solo per fare un esempio, “la straordinaria storia di Fra André Marie Rahbar, iraniano francescano che si converte al cristianesimo dopo aver trovato per caso un Vangelo”?
Ma, ripeto, quel che più indigna oggi è che nella tv pubblica si possano fare affermazioni antiscientifiche e religiose sull’aborto e senza contraddittorio. Dalle parole ai fatti il passo e breve. Ormai non si contano quasi più le ingerenze del Vaticano nelle leggi dello Stato italiano grazie a politici cattolici. Dalla antiscientifica legge 40 al recente emendamento, infrascato da Fratelli d’Italia e dagli partiti di destra in un provvedimento omnibus, che fa sì che associazioni che si definiscono “pro vita” (per lo più legate al movimento integralista neocatecumenale) possano fare propaganda religiosa nei consultori pubblici.
Una legittimazione e un via libera che tanto più indigna in un momento storico culturale come quello attuale in cui la donna è al centro di un’offensiva violenta senza tregua. Gli omicidi, le percosse, lo stalking, innumerevoli stupri sono all’ordine del giorno. L’Italia è un Paese dove diminuiscono ogni giorno i crimini comuni, mentre il numero dei femminicidi e delle violenze in famiglia non accennano a calare.
La violenza invisibile della negazione e dell’annullamento dell’identità femminile spesso portano a un tentativo di coercizione e di annientamento fisico Naufraga così il processo di emancipazione cioè il riconoscimento di una uguaglianza giuridica ma anche la liberazione, che passa attraverso l’accettazione di una diversa soggettività della donna. Emancipazione e liberazione della donna sono delicatissimi processi ancora in fieri. Perché siano portati a compimento occorre un cambiamento radicale sul piano culturale e sociale di cui solo la Sinistra in quanto tale si può fare carico. Rifiutando e contrastando le “idee” dei fautori della mentalità patriarcale e religiosa che vogliono la donna inchiodata al ruolo di moglie e madre. Tra questi papa Bergoglio è la punta di diamante. Già il 2 febbraio 2014 dal balcone di piazza San Pietro ebbe a dire: «La vita va difesa dal grembo materno fino alla sua fine».
Anche con questo libro Left denuncia questa deriva che, in maniere diverse, va avanti da anni. Questo agile e incisivo volume raccoglie una selezione dell’autorevole lavoro svolto da colleghi, medici, ginecologi, psichiatri, con continuità fin dalla nascita di Left nel lontano 2006.
Fare informazione vuol dire basarsi su fonti certe, scientifiche. Vuol dire avere una chiara gerarchia delle fonti e non confondere mai ciò che è un dato scientifico incontrovertibile con un’opinione. Perché altrimenti si confonde il lettore. Che l’embrione e il feto non siano vita umana e che l’aborto non sia un omicidio sono fatti supportati da evidenze scientifiche, non opinioni. Riportare correttamente queste informazioni è il dovere di noi giornalisti. Su queste tematiche Left si è sempre saputo orientare in maniera coerente e puntuale, rappresentando una avanguardia nel panorama editoriale. E questo perché abbiamo come faro la teorizzazione scientifica dello psichiatra Massimo Fagioli, che fino alla sua scomparsa nel 2017 ci ha onorato con la sua rubrica settimanale Trasformazione, in cui con uno stile originalissimo, rigoroso e poetico, raccontava la propria ricerca in presa diretta, rendendola accessibile a tutti.
La Teoria della nascita di Massimo Fagioli e decenni di riscontri in biologia e neonatologia dicono che la vita umana inizia alla nascita. Ed è un fatto incontrovertibile. «La donna che ha deciso di abortire non uccide una vita umana come si vuol far credere. Il feto ha una realtà puramente biologica e quindi anche sul piano etico e giuridico l’aborto non può essere equiparato a un omicidio», ha scritto la neonatologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti su Left (in questo libro troverete molti suoi importanti contributi).
Come giornalista che si occupa di politica non posso che rilevare che se la sinistra facesse proprie queste acquisizioni scientifiche avrebbe argomentazioni solide da contrapporre all’ideologia e alle iniziative di questa destra al governo che vorrebbe imporci norme da Stato etico e confessionale. Sarebbe importante anche per tirar fuori le donne da quel senso di colpa e dalla depressione a cui le vorrebbero condannare questa destra postfascista, anche obbligandole ad ascoltare il battito del cuore del feto o continuando a riproporre la solita, annosa e antiscientifica proposta di legge che vorrebbe riconoscere una personalità giuridica all’embrione.
Ne parlavamo già quando l’idea di fare Left è nata in quel lontano maggio del 2005 durante un convegno per il referendum sulla legge 40 riguardo alla fecondazione assistita. Una legge antiscientifica e crudele che all’articolo 1, in contrasto con la legge 194, impone la tutela di un imprecisato “concepito” e poi, nella sua prima versione imponeva il trasferimento contemporaneo in utero di tutti e tre gli embrioni, anche se malati. Per fortuna le Aule di tribunale l’hanno smantellata pezzo dopo pezzo, grazie all’impegno di cittadini sostenuti legalmente da Filomena Gallo dell’Associazione Coscioni e di altri.
A quel convegno contro la legge 40 partecipò lo psichiatra Fagioli, insieme alla neonatologa Gatti, al giudice Dall’Olio, al ginecologo Flamigni, al bioeticista Giovanni Berlinguer e altri. Da lì prese le mosse il percorso di Left, in difesa di quella laicità che è stata riconosciuta ben tre volte come valore supremo della nostra Carta da parte della Corte Costituzionale.
Non è un caso che da sempre – unico giornale in Italia – auspichiamo una profonda revisione del Concordato specie laddove questo trattato internazionale “blindato” dall’articolo 7 della Costituzione, creando un vero e proprio vulnus di democrazia, ha aperto le porte della scuola pubblica a un esercito di decine di migliaia di insegnanti di religione cattolica e dove consente ai vescovi di non collaborare con la magistratura nei casi di pedofilia.
Chi si ostina a difenderlo non tiene mai conto dell’inapplicabilità di una visione laica (che parta cioè dal rispetto dei diritti inalienabili della persona e dal pensiero che siamo tutti uguali in quanto esseri umani fin dalla nascita – a un’organizzazione come quella della Chiesa cattolica che per sua natura e cultura si oppone a questi stessi princìpi.

Introduzione dal libro di Left L’aborto non è un omicidio. Basta violenze sulle donne (qui per acquistarlo)

 

 

 

 

 

 

Nella foto in apertura: “+ 194, – 8 x 1000”. Foto di Giovanni Dall’Orto, Milano 7 giugno 2008