In occasione del Messapica film Festival, in qualità di pediatre e pedagogiste, il 24 luglio tratterò il tema “Essere genitori, essere figli, oggi”. Ci ha coinvolto l’idea di poter raccontare l’adolescenza e la genitorialità dal nostro punto di vista professionale.
Pensando alla splendida piazza di Mesagne come ad un’occasione di confronto e scambio anche con i genitori, ci siamo chieste su quali aspetti soffermarci in merito all’adolescenza e, studiando e confrontandoci, abbiamo pensato fosse importante raccontare dello sviluppo fisiologico dell’adolescente e di come non ostacolare la sua identità in formazione (cfr il numero di Left di luglio Costruttori di futuro ndr) . Quindi, ci siamo chieste chi è l’adolescente oggi e che tipo di genitorialità proporre nel rapporto con i ragazzi. Pensiamo sia un diritto vivere una buona relazione con i propri genitori fin dalla nascita, necessaria per accompagnare ogni bambino e adolescente verso le fisiologiche autonomie. Questa bellissima parola, autonomia, noi la leghiamo ad un’altra parola importante, separazione. Senza le separazioni non ci può essere autonomia, intesa come libertà di essere e realizzare sé stessi. È fondamentale facilitare la naturale propensione del bambino e dell’adolescente, ad andare a cercare all’esterno altre possibilità di rapporto che gli permettano di sperimentare la propria identità.
Per comprendere lo sviluppo fisiologico dell’essere umano dobbiamo partire dalla nascita.Il neonato, fin dal momento della nascita, è attivo e reattivo, motivo per il quale va attivamente alla ricerca di un altro essere umano, con la speranza di trovare una corrispondenza con la sua sensibilità corporea. Questa è la ragione per il quale, per quasi tutto il primo anno di vita, il piccolo è interessato esclusivamente all’umano. È esigenza del neonato, del bambino e dell’adolescente poi, essere visto non solo fisicamente, ma anche psichicamente nella sua realtà’ interiore in continuo movimento…come il mare. La capacità di sentire gli affetti è esclusivamente umana e c’è fin dalla nascita, la sua salvaguardia consente di preservare la sensibilità, vitalità e creatività del bambino e dell’adolescente. Gli affetti sono una realtà interna originaria e come tali vanno vissuti. Ci discostiamo da quella visione secondo cui gli adolescenti devono imparare a “gestire” le emozioni (per esempio, spesso la rabbia viene risolta mandando i ragazzi a fare uno sport, pensando: “così si sfogano”). È importante crescere i figli con l’idea che va dato un nome a quello che si prova; le emozioni e i vissuti vanno conosciuti, compresi ed elaborati.
Nel 1978 il Prof. M. Fagioli, psichiatra, che ha teorizzato la Teoria della nascita, disse in un’intervista su Rai2, Dipartimento Scuola Educazione: “E’ che non ci si fida dei bambini”. Ma perché non ci si fida? Per il loro mondo irrazionale. Infatti, sappiamo che spesso la dimensione non cosciente non viene accettata dagli adulti razionali. Talvolta, anche agli adolescenti, si dice “ti comporti come un bambino”, dando a questa espressione un’accezione negativa che va a svalutare quella che può essere una reazione emotiva all’interno di una dinamica di rapporto. L’adulto deve imparare a fidarsi anche dell’adolescente, imparare a conoscerlo profondamente, scoprendo la sua autenticità ed unicità. L’adulto inconsapevolmente chiede al figlio di realizzare ciò che il genitore si aspetta, ma in questo modo il ragazzo non riesce ad essere sé stesso e ad essere aderente al suo sentire. L’essere umano ha l’esigenza di evolvere, è in continuo movimento, ma talvolta, i genitori fanno fatica a cambiare.
Molte volte accade che l’adulto entra in crisi nel vedere il figlio crescere e diventare sempre più autonomo; questo può provocare sentimenti di solitudine al genitore, che in effetti è sempre meno indispensabile. L’adulto prende atto della crescita e dell’esigenza di autonomia del proprio figlio, ma poi fa fatica a separarsi e questo può attivare delle dinamiche di rapporto disfunzionali, a cui spesso l’adolescente tenta di ribellarsi. Il rapporto genitore figlio, a qualunque età, può essere un’occasione unica per scoprire nuove dimensioni di rapporto. Riteniamo sia importante relazionarsi al proprio figlio uscendo fuori dal ruolo tradizionale di genitore: colui che deve educare, impartire regole, attingendo alla funzione normativa come fosse la via maestra per crescere “il bravo ragazzo” di cui tanto sentiamo parlare. La cultura dominante pensa al bambino e all’adolescente come una persona che va “educata”, “direzionata”, quindi, troviamo spesso genitori che sono anticipatari, che tendono a prevenire “i guai” che i figli possono creare; questo fa sentire sfiducia e controllo ai nostri ragazzi che, automaticamente, reagiscono per sfuggire a questa mancanza di libertà di espressione di sé.
L’unicità degli adolescenti si lega ad una loro sensibilità, creatività, affettività, che spesso rimane incompresa. I ragazzi sperano di sentire accolto il loro mondo interno, spesso inquieto e turbato per via dei velocissimi cambiamenti fisiologici, ma, talvolta, l’adulto ha perso quell’originaria capacità umana di sentire con la pelle, l’udito e il suono della voce, gli affetti che emergono dalle parole del proprio figlio. Spesso i genitori non riescono a trovare un loro contenuto di sostanza e affettivo per rispondere alla fisiologica ribellione che l’adolescente cerca di fare. A questo proposito, in questi giorni di studio, ci è venuta in aiuto la serie televisiva “Per sempre”, che costringe l’adulto a vedere il mondo degli affetti e dei rapporti dal punto di vista dell’adolescente. Racconta di incontri e separazioni e di una genitorialità che trova, nel controllo, la strada per affrontare l’intensità delle emozioni di due ragazzi che sperimentano il primo amore. Racconta anche di una paternità che tenta di proporre un rapporto genitore-figlio basato sulla fiducia e l’ascolto, senza il timore di uno scontro nella coppia. E c’è tanto altro, che ci ha coinvolte e spinte a voler comprendere meglio il linguaggio degli adolescenti. Per via di tutti i cambiamenti sociali in corso, l’adulto deve accettare che le sfide di un genitore sono cambiate: ce ne sono di nuove, ed è necessario e urgente comprendere come meglio affrontarle.
I social, l’intelligenza artificiale, hanno dato avvio a nuovi fenomeni che riguardano tanti ragazzi: dal cyberbullismo all’amico/psicologo dell’intelligenza artificiale, l’attesa di quei cuoricini su Instagram, che segnano il grado di accettazione che si ha all’esterno e poi ancora tutti i filtri che si possono usare per modificare la propria immagine e renderla conforme ai canoni del momento. Questo, deve costringere l’adulto e ogni figura di riferimento a fare i conti con la solitudine e il vuoto affettivo che i giovani di oggi sentono attorno a loro, sia in famiglia che a scuola. Nell’elaborare il nostro intervento, ci è venuto in mente quello che ha detto una delle maturande che ha rifiutato di fare l’orale della maturità: “I prof pensano solo ai voti, nessuno è mai stato interessato a conoscermi”.
Generalmente si dice che gli adolescenti non parlano, che sono criptici, ma riteniamo che sia l’adulto a dover imparare a relazionarsi rispettando la loro libertà ed esigenza di confronto tra pari. Il rapporto con loro è in costante cambiamento e richiede immediatezza e sensibilità. In un anno e mezzo di spazio neutro presso un Centro per le Famiglie, da pedagogista mi sono relazionata a diversi adolescenti e li ho vissuti come un fiume in piena, con tanta voglia di parlare di sé. Anche io, da pediatra, nei tanti colloqui con i ragazzi, ho sempre osservato che appena sentono che qualcuno è realmente interessato a loro, si aprono. E allora, è importante seguire questo fiume di parole e affetti, fare ricerca ognuno nel proprio campo per comprendere come meglio rispondere loro e capire profondamente cosa chiedono.
Sappiamo che c’è un’emergenza sociosanitaria che sta avendo come protagonisti i nostri ragazzi e allora, oltre a fare prevenzione, è urgente promuovere una cultura del benessere e delle buone idee, dove gli adolescenti vengano accolti, scoperti e i genitori presi per mano per un cambiamento necessario. Ci auguriamo un cambiamento culturale che sia sempre più in grado di sostenere la donna e il bambino nelle loro trasformazioni, per vivere infanzie e adolescenze sempre più libere. Questa potrebbe essere un’occasione, anche per molti uomini, di cercare un nuovo modo di essere con la donna e con i propri figli.




