Mentre il West Nile colpisce ancora nel Lazio e la Chikungunya arriva in Emilia, l’Oms approva uno storico trattato per prevenire le pandemie. Ma l’Italia si astiene, invocando la “sovranità nazionale”. In un mondo dove i virus non conoscono confini, la politica italiana abdica proprio sul fronte più urgente: la salute globale

Oggi la seconda vittima nel Lazio: un paziente di 77 anni è morto allo Spallanzani di Roma dopo essere stato punto da una zanzara portatrice di West Nile. In questi ultimi giorni di luglio 2025, nell’area di Latina, si sono manifestati diversi casi di West Nile, la malattia tropicale diffusa dal virus WNV tramite le zanzare, in particolare la specie Culex, e isolata per la prima volta nel 1937 in Uganda, nella zona di West Nile da cui, appunto, prende il nome. Ha un’incubazione tra due e tre settimane e, se è poco sintomatica nella maggior parte dei casi, in altri provoca febbre, nausea, vomito, linfonodi ingrossati e sfoghi cutanei. Solo di rado è letale, ma ormai si sta diffondendo sempre più in Italia a causa della globalizzazione e del climate change. Per questo virus non ci sono vaccini né cure specifiche, ma i suoi fastidiosissimi sintomi e la sua pericolosità per i soggetti più fragili meriterebbero studi approfonditi.
In questi stessi giorni, poi, si è manifestato a Bentivoglio, non distante da Bologna, il primo caso endemico di Chikungunya, il virus trasmesso dalla zanzara tigre che in Europa va ad aggiungersi agli altri 800 casi esplosi in Francia tra maggio e luglio e dove si parla ormai di epidemia, tanto che l’OMS ha lanciato l’allerta stimando 5,6 miliardi di persone esposte in aree potenzialmente a rischio nel mondo. Si tratta della malattia trasmessa dal virus CHIKV che per circa il 30% delle persone infettate decorre senza alcun sintomo mentre, negli altri casi, dopo circa una settimana di incubazione, si presenta con febbre elevata, estrema spossatezza e forti dolori articolari, principalmente alle mani e ai piedi, da cui deriva il nome “chikungunya” che in lingua swahili significa “quello che piega, contorce”, proprio per le sofferenze causate a questi arti e che possono durare molti mesi o addirittura anni dopo i sintomi più acuti. Solo a gennaio 2025 l’EMA – Agenzia Europea per i Medicinali – ha autorizzato l’utilizzo e commercializzazione del primo vaccino contro la Chikungunya che verrà utilizzato principalmente in America Latina, Africa Centrale e Asia Orientale dove questa malattia tropicale è soprattutto diffusa. Tuttavia, come è noto, il vaccino ha uno scopo preventivo e non ha carattere curativo. Ad oggi, una cura per la Chikungunya, come per la West Nile, non c’è e bisognerà impegnarsi per trovare rimedi, specialmente adesso che questi virus minacciano direttamente l’Europa.
Ma chi potrebbe essere più attrezzato per un simile compito dell’Oms?
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità con sede a Ginevra si occupa della salute del mondo e ha mostrato la sua estrema importanza appena cinque anni fa, in occasione della pandemia da Covid-19. E’ un organo tecnico dell’Onu e quindi vi partecipano i medesimi Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite. Proprio dall’esperienza del coronavirus, erano partiti tre anni fa gli incontri per addivenirsi ad un “Trattato internazionale sulla prevenzione, sulla preparazione e sulla risposta alle pandemie” essendo ormai evidente che, per un nuovo contagio globale, il problema non è il “se”, ma il “quando” e l’intento era quello di trovarsi tutti meglio preparati al prossimo evento.
Lo scorso 20 maggio, in occasione della 78esim assemblea mondiale della Sanità, organo di governo dell’Oms, è stato approvato l’Accordo in 35 articoli che contiene i principi e gli strumenti per un migliore coordinamento internazionale onde rafforzare la resilienza globale in caso di una nuova epidemia. La sorpresa, però, è stata che, su 140 Paesi chiamati a votare, senza alcun voto contrario, 124 hanno votato a favore e 11 si sono astenuti, tra i quali Italia, Russia, Iran, Israele, Polonia, Romania e Bulgaria. Gli USA, invece, non hanno votato perché, seguendo le indicazioni di Trump e del Ministro della sanità Robert Kennedy Jr, hanno in corso le pratiche per ritirarsi dall’OMS privandola così del 15% delle entrate generali.
La spiegazione che ha offerto l’Italia per l’astensione, è stata la sovranità nazionale. L’Accordo – ha detto il ministro della Sanità Orazio Schillaci presente a Ginevra – costituisce una forma di ingerenza di un’organizzazione sovranazionale in questioni di salute pubblica che si ritiene debbano essere di competenza dei singoli Stati.
Ora, se c’è un argomento in cui la sovranità nazionale appare del tutto fuori posto è proprio la sanità mondiale. L’epidemia del Covid-19 ha dimostrato che i virus non rispettano le dogane e l’unico argine possibile è il coordinamento tra le nazioni per la migliore e più tempestiva risposta. Solo per i no-vax la logica della reazione condivisa tra gli Stati era inaccettabile, ma chi li ha seguiti di più sono stati i Paesi che hanno pagato prezzi elevatissimi in termini di vite umane, costi sanitari e perdite economiche. Assecondare queste ideologie, come fecero all’epoca alcuni partiti oggi al governo, è un grave errore, tanto più quando l’Italia si presenta in Africa, il continente più esposto alle pandemie, col Piano Mattei.
Il Piano Mattei vuole svilupparsi, al di fuori di logiche coloniali, su cinque grandi aree di intervento: istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia mettendo a disposizione direttamente 5,5 miliardi e mirando a coinvolgere nel progetto l’intera Europa per un incremento di risorse e iniziative.
Sul tema della salute, il Piano vuole rafforzare in Africa i sistemi sanitari, migliorare l’accesso e la qualità dei servizi, potenziare la capacità locali, formare il personale sanitario e sviluppare strategie di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, particolarmente in occasione di pandemie e disastri naturali.
Con queste generose finalità del Piano Mattei, presentato a Roma a gennaio 2024, appare del tutto incoerente l’astensione dell’Italia, nel maggio 2025, rispetto all’Accordo dell’OMS che, tra l’altro, mirava a studiare un meccanismo finanziario per la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, inclusa la catena globale di approvvigionamento e logistica per “migliorare, facilitare e lavorare per rimuovere gli ostacoli e garantire un accesso equo, tempestivo, rapido, sicuro e conveniente ai prodotti sanitari correlati alla pandemia per i paesi che ne hanno bisogno durante le emergenze di sanità pubblica di interesse internazionale”. Uno scopo, cioè, destinato proprio a consentire alle aziende farmaceutiche di svolgere un ruolo chiave nel permettere l’accesso equo e tempestivo a farmaci e dispositivi medici necessari a prevenire e curare una pandemia. In altre parole, l’Accordo dell’OMS mirava soprattutto a tutelare i Paesi africani più esposti alle pandemie sicché il Piano Mattei avrebbe necessariamente dovuto convergere.
Ma non è andata così e la domanda oggi è: se inventi il Piano Mattei affermando la solidarietà con l’Africa in caso di pandemie, perché in sede OMS ti astieni dal votare a favore del trattato internazionale sulle pandemie?
Viene da pensare che, in Italia, la mano destra non sa quello che fa l’altra mano destra.

L’autrice: Shukri Said è giornalista. Coautrice e co conduttrice di “Africa Oggi” per Radio Radicale, è inoltre corrispondente dall’Italia per la Bbc e per Voice of America

 

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