Fare informazione scientifica in Italia è sempre stato complicato, osserva Salvo Di Grazia, medico e divulgatore. Ma mai come dopo il Covid. Ecco cosa va fatto per vincere la diffidenza e la disinformazione

Dopo la “cura” per il cancro con il cosiddetto metodo Di Bella (fine anni 90) e la “cura” per malattie neurodegenerative con le cellule staminali del “metodo Stamina” (intorno al 2012) in Italia pensavamo di aver visto tutto. Sebbene la comunità scientifica sin da subito avesse messo in guardia contro l’assenza di basi scientifiche e le false promesse di guarigione, ci volle del tempo per convincere parte dell’opinione pubblica, ma anche del mondo politico, che fossero totalmente e inefficaci. Nel frattempo chi ci aveva creduto ha pagato fior di soldoni e in alcuni casi anche di più. Stamina fu addirittura sperimentato negli Spedali di Brescia. In entrambi i casi furono decisive le verifiche sperimentali ufficiali, che insieme a puntuali indagini giornalistiche e giudiziarie (nel caso di Stamina) smontarono le pretese salvifiche. Il caso Di Bella e il caso Vannoni (“inventore” di Stamina) hanno segnato duramente il dibattito italiano, mostrando quanto facilmente la disperazione possa essere strumentalizzata da pratiche prive di validazione scientifica. Ma se pensiamo al movimento “novax” che più di recente è fermentato contro il vaccino anti-Covid fino ad arrivare a portare suoi rappresentanti in un comitato consultivo del ministero della Salute e in audizione presso la Commissione parlamentare sulla gestione della pandemia istituita dall’attuale maggioranza, allora vuol dire che non tutte le scorie di quelle esperienze erano state smaltite.  Come è stato possibile? Come se ne esce? Ne parliamo con il dottor Salvo Di Grazia, ginecologo, ostetrico e divulgatore scientifico autore  di numerosi altri libri sulle false medicine e la cattiva scienza. «È proprio così. Sembrava impossibile che dopo i casi Stamina e Di Bella si potesse andare oltre, ma ci metterei anche Hamer e il falso nesso tra vaccini e autismo. E invece a quanto pare è possibilissimo e il limite non era ancora stato raggiunto». Di Grazia osserva che

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Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).