Non era poi così pazza l’idea. Ci era sembrata una cena strana, ma la bottiglia era piena e il nostro commensale ci guardava lucido. Il fatto quotidiano conferma e martedì scorso titola «Riccardo Muti al Quirinale. Renzi l’ha chiesto a mio padre», e virgoletta le dichiarazioni del figlio Domenico. Ne hanno addirittura parlato in famiglia i Muti, racconta il terzogenito. «Che dite, accetto? Mi ha chiamato Matteo…», ve lo immaginate il Maestro Muti mentre tra un passatello della domenica e un buon Sangiovese chiacchiera coi figli del suo nuovo incarico? Io sì. Sicumera, ironia, grande narcisismo. Lo merito. Avrà pensato per tutto il tempo.
E a Matteo Renzi che gli è preso? Chiama tutti in questo periodo… da Artini a Muti, si muove veloce alla ricerca di un domani. Poi la smentita. Velocissima anche quella. La prima delle molte che seguiranno. Mai sentito Muti, mai fatto questa proposta. «Non c’è nulla di vero, sono notizie strabilianti», scrive in una nota ufficiale Palazzo Chigi lo stesso giorno.
Ma #Matteostaisereno, l’idea non solo non è pazza ma è vecchia! La cosa buffa infatti è che a quel domani, con Muti presidente, aveva già pensato qualcuno. Basta googlare qua e là per scoprire che all’inizio del 2013 un corpulento avvocato catanese, Giuseppe Lipera, insieme al musicista Fabio Raciti, si mise alla testa del “Comitato promotore Riccardo Muti presidente della Repubblica italiana”, con tanto di banchetto per raccolta firme e andò in piazza a Catania più di un anno fa dichiarando: «Siamo in guerra e io penso che con una personalità come quella di Riccardo Muti, che ce la invidiano tutti, la guerra la vinciamo noi. Con la sua bravura, l’intelligenza e la sua immagine nel mondo io penso che lui sappia dirigere questa orchestra stonata che c’è in questo momento in Italia».
E già all’epoca, da Chicago, il Maestro Muti aveva inviato una lettera nella quale si dichiarava onorato e compiaciuto per l’iniziativa.