Entro fine dicembre il parlamento greco dovrà decidere chi sarà il prossimo presidente della Repubblica Ellenica. Se non ci riuscirà, come appare probabile, saranno convocate le elezioni politiche. I sondaggi danno favorita Syriza, la forza della sinistra radicale guidata da Alexis Tsipras. E i mercati hanno già cominciato a impazzire, facendo schizzare i tassi di interesse sui titoli di stato.
La Grecia non è l’unico paese in cui un partito della sinistra radicale è in testa nei sondaggi. In Spagna guida le previsioni Podemos, la formazione nata dagli “Indignados”, in Irlanda lo Sinn Fein. Tre paesi appartenenti al gruppo dei “PIIGs”, tre partiti aderenti al gruppo della Sinistra nel parlamento europeo. Forze ostili all’austerità, ma non all’Europa, che non propongono come primo punto del loro programma l’uscita dall’euro, ma l’uscita dal liberismo e una ristrutturazione controllata del debito.
Syriza, in particolare, addirittura esclude esplicitamente l’abbandono dell’euro, ed è affiancata da economisti di alto profilo, come Yanis Varoufakis, che ha elaborato una “modesta proposta” per riformare l’eurozona, e il gruppo di economisti post keynesiani che fa capo al Levy Institute di New York. Joska Fischer, l’ex ministro degli esteri di Schroeder, considera Syriza “pericolosa”. Ma ha pubblicamente rivelato che il governo tedesco è pronto a trattare con Tsipras, per quanto la Merkel lo ritenga una controparte indesiderabile.
Eppure Mario Draghi lo ha ricevuto – cosa inconsueta non essendo Tsipras un capo di governo – e il leader di Syriza ha assicurato che è sua intenzione trovare un compromesso con il capo della BCE. Podemos, che ha ormai scelto la via socialdemocratica, ha recentemente presentato il suo programma economico, in cui propone una riforma dell’eurozona basata su un ruolo attivo della BCE, ben consapevole che l’attuale assetto istituzionale genera spinte deflazionistiche autodistruttive e impedisce qualsiasi intervento sul lato della domanda.
E allora forse è il caso di dare un po’ di credito a questa “uscita da sinistra” dalla crisi. Essa non può che passare attraverso la disubbidienza ai trattati e alle imposizioni della Troika. Se la Germania è disposta a trattare con il piccolo debitore Grecia, allora l’Italia, che è “too big to fail”, potrebbe fare la differenza, se solo volesse. Senza neppure aver bisogno di agitare l’arma spuntata dell’uscita dall’euro.