Una barca (o diverse) con a bordo 400 persone, provenienti in maggioranza dalla Somalia, ma anche da Etiopia ed Eritrea e partita da Egitto sarebbe naufragata nel Mediterraneo. La barca era diretta in Italia. Non sappiamo ancora quanti siano i morti. Ma sappiamo alcune cose importanti sul perché uno, dieci o centinaia siano affogati. La Guardia costiera italiana, intanto, ha soccorso una barca con più di cento persone a bordo e recuperato anche almeno sei cadaveri – una ventina i dispersi.
La prima, generale, la più importante, è semplice: l’Europa non è in grado di trovare una risposta dignitosa alla più grave crisi della sua storia, una crisi che parla di tragedie umane e non di conti delle banche o di rapporto deficit/Pil. Detta così è una banalità, perciò occorre tradurla in dati, numeri, politiche.
1. Le politiche di soccorso europee (un rapporto pubblicato oggi)
«Nel 2014 i responsabili politici dell’Unione europea hanno deciso con la piena consapevolezza delle conseguenze mortali, di chiudere Mare Nostrum e sostituirlo con il più limitato Triton… Ciò che è assolutamente certo è che la loro priorità era quella di rendere le condizioni di attraversamento più difficili per i migranti e per i contrabbandieri e che questo era uno strumento da usare come deterrente. A questa priorità è stata data la precedenza sulla vita dei migranti». A parlare è Charles Heller, membro del team di ricerca di Forsenic Architecture, che ha prodotto un rapporto dal titolo Death by Rescue (morte da soccorso) che è un formidabile atto di accusa nei confronti delle autorità europee. In estrema sintesi, il testo, che utilizza i tracciati delle navi affondate e quelle di soccorso – utilizzando un bel metodo che il gruppo di ricerca utilizza per produrre “prove” e materiali per molti altri aspetti riguardanti guerre e morti civili – spiega come Triton, che nelle operazioni di soccorso coinvolge anche le navi civili, impreparate e inadatte a un certo tipo di manovre, produca morti anche quando i battelli che si rovesciano vengono soccorsi. Nei primi quattro mesi del 2014, quando c’era Mare Nostrum, sono morte in mare meno di cento persone, nello stesso periodo con Triton, se sono affogate più di 1500. Nel rapporto leggiamo:
Sezionando i verbali delle riunioni politiche e documenti operativi inediti, il testo ricostruisce il processo istituzionale che si è svolto dopo l’annuncio dell’intenzione del governo italiano di sospendere l’operazione militare-umanitaria Mare Nostrum. Quest’ultimo, che ha avuto inizio nel mese di ottobre del 2013, aveva schierato mezzi senza precedenti per salvare i migranti in difficoltà vicino alle coste libiche, ma aveva suscitato critiche crescenti con l’accusa di costituire un “fattore di attrazione” per i migranti e, quindi, causando più morti in mare. Il 1 ° novembre 2014, le istituzioni dell’Ue hanno risposto avviando l’operazione Triton guidata da Frontex, l’agenzia europea delle frontiere, che schierato un minor numero di navi in una zona più distante dalla costa libica.
2. Il comico tedesco
La decisione del governo di tedesco di dare il via libera all’indagine giudiziaria contro Jan Boehmermann, il comico che si è permesso di prendere in giro il premier turco Erdogan è un primo segnale. Qualche mese fa immaginavamo Angela Merkel come una specie di paladina dell’accoglienza. E in parte la Cancelliera tedesca lo è stata. Ma di fronte alle pressioni del suo partito e di parte della società tedesca, ha scelto di fare qualsiasi cosa per ridurre il flusso di rifugiati siriani (e non solo) verso il nord Europa. La scelta più importante di questa nuova politica è l’accordo (pessimo e illegale) con la Turchia. Pur di mantenere vivo quello faremo qualsiasi cosa. Anche gettare in mare, assieme ai rifugiati, la libertà di critica, satira e parola (per quanto possano essere volgari o inappropriate).
3. L’accordo di ricollocazione dei rifugiati tra Paesi Ue
Fa impressione tornare sul sito della Commissione a guardare la pagina che linkiamo: siamo sempre fermi a 1200. Dovevano essere 160mila, sono 1200, passano le settimane, le persone muoiono, scappano, si ammalano e non cambia una virgola: i governi di molti Paesi europei non muovono un dito. Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Belgio, Croazia e molti altri Paesi che hanno una quota di rifugiati infima non hanno accolto nessuno. Alcuni Paesi ne hanno accolti meno di dieci. Ora, il gesto di Bergoglio è chiaramente un po’ mediatico, ma la Città del Vaticano ha accolto in proporzione un numero più alto di rifugiati di tutti i Paesi che abbiamo elencato messi assieme. Sui 46mila intrappolati in Grecia piove anche la denuncia di Amnesty International che sulla condizione dei rifugiati oggi pubblica il “Intrappolati in Grecia: una crisi dei rifugiati che poteva essere evitata” rapporto:
Il rapporto esamina la situazione dei migranti e dei rifugiati, la maggior parte dei quali donne e bambini, intrappolati sulla terraferma greca dopo la completa chiusura, il 7 marzo, del confine dal lato macedone. «La decisione di chiudere la rotta balcanica ha fatto precipitare oltre 46.000 migranti e rifugiati in una dimensione di squallore e in uno stato di costante paura e incertezza» – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International «Gli stati dell’Unione europea non hanno fatto altro che esacerbare la crisi, non agevolando la distribuzione di decine di migliaia di richiedenti asilo, la maggior parte dei quali donne e bambini, intrappolati in Grecia. Se i leader europei non agiranno con urgenza per dare seguito al loro impegno di redistribuire i rifugiati e per migliorare le condizioni dei migranti e dei rifugiati abbandonati a sé stessi, rischieranno di causare una calamità umanitaria con le loro mani». Nei 31 centri d’accoglienza temporanea allestiti in Grecia con un significativo contributo dell’Unione europea, le condizioni sono inadeguate: vi si segnalano grave sovraffollamento, completa assenza di privacy, mancanza di riscaldamento e servizi igienici insufficienti.
Può bastare, oggi ai numeri di questi mesi aggiungiamo anche le persone affogate viaggiando tra l’Egitto e l’Italia. Chissà che dopo la Turchia, l’Europa non decida di fare accordi per la riammissione di immigrati e richiedenti asilo anche con l’Egitto, la Libia e l’Eritrea, che, in fondo, sono Paesi governati con criteri moderni e democratici.