A poche ore dalla scadenza del termine per avviare i lavori, fissato per oggi, il cantiere del gasdotto Tap è stato aperto alle 19 di ieri da un ingegnere, un responsabile della sicurezza e un operaio, che hanno installato una recinzione in contrada Fanfula a Melendugno (Lecce). Un telo rosso legato agli alberi dopo mezz’ora di lavoro: una struttura a dir poco precaria avrebbe così consentito alla Tap di evitare la decadenza dell’Autorizzazione unica ministeriale per l’impianto che dovrebbe portare sulle coste salentine il gas partito dall’Azerbaijan.
Polizia municipale e tecnici del Comune di Melendugno, giunti sul posto, non sono riusciti a identificare tecnici e operai, che intanto avevano lasciato l’area. Il sindaco di Melendugno, Marco Potì (qui una sua intervista a Left), ha espresso preoccupazione per le modalità con cui si è avviato il cantiere di un’opera definita strategica e di pubblica utilità, «di domenica, mentre sono in corso i festeggiamenti della Madonna di Roca, a poche ore dalla decadenza dell’autorizzazione unica, recintando in modo alquanto approssimato un’area poco più grande di un’aia». Tap avrebbe inviato comunicazione al Comune a uffici chiusi, la sera di venerdì 13 maggio, e questo – spiega il primo cittadino salentino – è un altro segnale della mancanza di trasparenza e della scarsa affidabilità dei promotori del progetto.
È proprio sulla tipologia dei lavori che dovrebbero definire l’avvio nei termini del cantiere, che da settimane c’è un braccio di ferro tra Comune di Melendugno e Tap. Nella loro nota di inizio lavori datata 13 aprile 2016, i vertici italiani della multinazionale ritengono che la bonifica da eventuali ordigni bellici e i sondaggi archeologici (interventi che dovrebbero partire a breve) siano sufficienti a scongiurare la decadenza dell’autorizzazione, mentre per i legali del Comune queste attività erano contemplate tra quelle “ante operam” dalla Valutazione di impatto ambientale (Via) e non possono, quindi, configurare opere di apertura del cantiere.
«Tap voleva farsi il selfie con la recinzione e dimostrare l’inizio lavori per non far cadere la Via» recita una nota del Comitato No Tap, chiarendo che il precario recinto di 20 metri per 20 in zona Mascenziu, è stato installato a 500 metri di distanza «dalle coordinate Gps assegnate al loro pseudo cantiere».
Il Comitato aveva già previsto quello che definisce «un falso avvio lavori» e «qualche foto da dare alla stampa amica» da parte di Tap, approfittando della festa patronale. «I signori di Tap volevano la mobilitazione violenta per poter far cadere sulla popolazione la colpa del mancato avvio – spiegano gli attivisti contrari all’opera -; pensiamo che le ditte incaricate da Tap abbiano, a buona ragione, paura di iniziare qualsiasi cosa senza le autorizzazioni mancanti; crediamo che Tap sia morta e che cerchi di prendere i nostri soldi tramite i finanziamenti europei e fuggire» Quello che è certo è che ora, dopo il “blitz” domenicale, la vertenza proseguirà nelle aule di tribunale e i No Tap assicurano che continueranno a vigilare e a protestare nella legalità in vista del vertice convocato per giovedì 19 maggio al ministero dello Sviluppo economico.