Per il governo italiano, il Ceta (fratello gemello del Ttip) può passare senza alcuna ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Il 15 giugno, alla Camera dei deputati sarà l’occasione per ascoltare il ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, in attesa della decisione del Consiglio europeo del 28-29 giugno sulla competenza degli accordi. Dopo la denuncia di Greenpeace del 10 giugno, anche la campagna StopTtip Italia torna a puntare il dito contro il ministro in merito al trattato commerciale con il Canada, il primo grande accordo con una potenza economica occidentale. Secondo la testimonianza di un diplomatico europeo, raccolta dall’agenzia Reteurs, l’Italia vuol evitare il voto dei Parlamenti degli altri Stati membri, incluso quello italiano. «Calenda ha sostenuto, con un documento presentato a nome del governo italiano, che l’Italia è favorevole a tagliare fuori e il suo Parlamento e quelli di tutti gli Stati dell’unione dal processo di ratifica», rendono noto i promotori della campagna StopTtip. «Mentre altri governi dell’Unione, come Lussemburgo e Francia, rivendicano il potere di ratifica dei propri Parlamenti nazionali sui trattati commerciali misti, come il Ceta con il Canada e il Ttip con gli Usa, Carlo Calenda sostiene la Commissione europea nella richiesta che la partita si giochi tutta a Bruxelles e le Assemblee degli Stati membri non possano avere voce in capitolo». In merito, la Vallonia – che è una delle tre regioni che formano il Belgio e costituisce il 32% della popolazione belga – si rifiuta di dare pieni poteri al governo federale per firmare l’accordo.
Il TTIP è sicuramente misto Il CETA no. UE deve avere mandato chiaro su trade altrimenti viene – forza e credibilità https://t.co/udsnZLgA6p
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 10 giugno 2016
Possono i Parlamenti, che rappresentano la popolazione, essere privati del diritto di esprimere su temi così delicati? Dipende. Se si tratta di accordi misti, no. In caso contrario, sì. Ed è No secondo i promotori della campagna StopTtip: «Nel mandato negoziale definito nel 2011, i governi dell’Ue hanno sottolineato che il Ceta non può essere considerato un accordo su cui la Commissione possa vantare competenza esclusiva. In tema di investimenti, ad esempio, soprattutto per quanto riguarda la temibile clausola Isds, la competenza dev’essere mista, cioè prevedere la ratifica di tutti i Parlamenti degli stati membri». Infine, un invito ai parlamentari italiani: reagite, con tanto di lettera aperta ai presidenti di Camera e Senato e ai parlamentari italiani. Inoltre, sulla piattaforma Progressi.org è attiva la petizione “L’Italia consenta una discussione democratica sul Ceta” A raccogliere l’appello della rete StopTtip, il gruppo della sinistra in Europarlamento: «Già dai prossimi giorni ci batteremo affinché il Parlamento Europeo e il Parlamento italiano adiscano la Corte europea di Giustizia nel caso in cui il Consiglio dell’Unione europea decida di espropriare i cittadini europei, gli Stati membri e i loro rappresentanti democraticamente eletti, del diritto di esprimersi sul futuro dei nostri regolamenti, dei nostri diritti e della qualità della nostra democrazia», ha annunciato l’eurodeputata Eleonora Forenza del Gue/Ngl. «Consideriamo l’esclusione dei rappresentanti del popolo una modalità antidemocratica e contraria ai trattati dell’Unione europea».
Cecilia Malmström, commissario europeo per il Commercio
Ceta, favorevoli e contrari. Chi lo sostiene promette vantaggi commerciali per 5,8 miliardi di euro l’anno, con un risparmio per gli esportatori europei di 500 milioni di euro annui dovuta all’eliminazione di quasi tutti i dazi all’importazione. Sul mercato del lavoro, poi, uno studio congiunto di Ue-Canada ipotizza 80mila nuovi posti di lavoro. Tra le preoccupazioni, invece: «Con il via libera al Ceta, la maggior parte delle multinazionali americane, già attive sul territorio canadese, potranno citare in giudizio nei tribunali internazionali privati le aziende europee, avvalendosi della clausola Investment court system (Ics, il sistema giudiziario arbitrale per la difesa degli investimenti), omologo dell’Isds inserito nel Ttip, che tanti Paesi Ue stanno osteggiando». Sono già 42mila le aziende operanti nell’Unione che fanno capo a società statunitensi con filiali in Canada, con l’approvazione del Ceta queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il Ttip sia ancora entrato in vigore, assicurano i promotori. Dopo cinque anni di negoziati, dal 2009 al 2014, per il via libera al Ceta manca solo il voto finale, e quindi la firma. In caso di approvazione entro il 2016, da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, il Ceta potrebbe entrare in vigore all’inizio del 2017 previa approvazione dei legislatori, canadesi.