Alexey Navalny si è fatto un nome in Russia nel denunciare la corruzione. Dal 2009, l'attivista quarantenne divenuto leader dell'opposizione de facto, chiede cambiamenti utilizzando il suo blog. Ha corso per la poltrona di sindaco di Mosca ottenendo il 27% a sorpresa - e sostenendo che senza brogli la sua percentuale sarebbe stata più alta - e ha una storia complicata di alleanze politiche, che come spesso capita in Russia si formano, disfano, vengono disfatte dal potere (a colpi di esclusione dalle procedure elettorali, arresti, omicidi). Navalny è forse la figura politica meglio in grado di mettere in difficoltà Putin e ha annunciato la candidatura alle elezioni del 2018. Sempre che una condanna a cinque anni pendente sul suo capo non gli impedisca di correre. Ier, mentre partecipava a manifestazioni anti corruzione contro Dimitri Medvedev, il premier ed ex presidente, che si scambia tuolo con Putin da una decina di anni, Navalny è stato arrestato. Era capitato già diverse volte, in passato l'accusa era di approprazione indebita. L'arresto di ieri è dovuto alla non autorizzazione delle manifestazioni. Gli arrestati sono centinaia, e tra i fermati c'è anche un giornalista di The Guardian, preso perché facvea foto mentre la polizia effettuava gli arresti. Gli uffici della fondazione di Navalny sono stati perquisiti dopo l'arresto. Stati Uniti ed Europa hanno protestato per gli arresti. Matteo Salvini, invece, ha spiegato che le manifestazioni non erano autorizzate e che, dunque, gli arresti sono giustificati.
[caption id="attachment_97277" align="aligncenter" width="1024"] Alexei Navalny prima dell'arresto[/caption]
Niente effetto Schulz nel Saarland
Il piccolo Lander del sud tedesco dove si votava per il rinnovo del parlamento locale. La CDU di Angela Merkel, che governava in coalizione con la Spd, ha vinto, guadagnando 5 punti percentuali, mentre il partito dell'ex presidente dle parlamento europeo ha perso pochi punti. Non è necessariamente un test nazionale, ma segnala che non c'è una dinamica clamorosa nello spostamento elettorale verso Schulz. Al dato negativo per la Spd si associa qullo dei Verdi, che non passano la sogila del 5% per eleggere rappresentanti e il successo della destra xenofoba di Alternative fur Deutschland, che ha preso il 6,2%.
I ministri europei, Dublino, la Libia e l'immigrazione
Oggi i ministri della Giustizia e degli Interni si vedono a Bruxelles per discutere - soprattutto - di come implementare l'agenda sulle politiche migratorie approvata a Malta lo scorso 3 febbraio. Tra le cose in agenda c'è il pessimo accordo con la Libia tanto cercato dal ministro degli Interni italiano Minniti e tanto criticato dalle organizzazioni umanitarie, la riforma del sistema di asilo comunitario (il sistema Dublino) e il rafforzamento delle frontiere esterne. Qui l'agenda del meeting.
Gli Usa contro l'Iran in Yemen?
Dopo la bruciante sconfitta sulla cancellazione tentata della riforma sanitaria Obama, la presidenza Trump cerca di rimettere assieme i cocci. Il mancato voto sulla riforma della riforma sanitaria segnala divisioni interne al suo partito che torneranno, con ogni probabilità, anche quando si tratterà di approvare la riforma fiscale trumpiana. A proposito di inversione di marcia rispetto a Obama, Trump sta chiedendo al Congresso di poter aiutare gli Stati del Golfo nella guerra in Yemen contro gli hutu - ne abbiamo parlato la scorsa settimana su Left. Obama ha già partecipato a quella guerra in qualche forma, ma la richiesta di Trump segnala la volontà di rendere la presenza più visibile e mostrare un atteggiamento più duro nei confronti dell'Iran. In questo senso è una inversione a U rispetto alle politiche del suo predecessore.
Due buone notizie londinesi
Sabato scorso a migliaia sono scesi in piazza per una manifestazione pro-Europa. Dopodomani il governo britannico farà scattare l'articolo 50 dei trattati europei che mette in moto il processo di Brexit.
Ieri questa catena umana di donne per la maggior parte musulmane, ha dato un segnale alla città: la comunità musulmana non è per niente contenta quando qualche terrorista decide di uccidere nel nome della religione.
Alexey Navalny si è fatto un nome in Russia nel denunciare la corruzione. Dal 2009, l’attivista quarantenne divenuto leader dell’opposizione de facto, chiede cambiamenti utilizzando il suo blog. Ha corso per la poltrona di sindaco di Mosca ottenendo il 27% a sorpresa – e sostenendo che senza brogli la sua percentuale sarebbe stata più alta – e ha una storia complicata di alleanze politiche, che come spesso capita in Russia si formano, disfano, vengono disfatte dal potere (a colpi di esclusione dalle procedure elettorali, arresti, omicidi). Navalny è forse la figura politica meglio in grado di mettere in difficoltà Putin e ha annunciato la candidatura alle elezioni del 2018. Sempre che una condanna a cinque anni pendente sul suo capo non gli impedisca di correre. Ier, mentre partecipava a manifestazioni anti corruzione contro Dimitri Medvedev, il premier ed ex presidente, che si scambia tuolo con Putin da una decina di anni, Navalny è stato arrestato. Era capitato già diverse volte, in passato l’accusa era di approprazione indebita. L’arresto di ieri è dovuto alla non autorizzazione delle manifestazioni. Gli arrestati sono centinaia, e tra i fermati c’è anche un giornalista di The Guardian, preso perché facvea foto mentre la polizia effettuava gli arresti. Gli uffici della fondazione di Navalny sono stati perquisiti dopo l’arresto. Stati Uniti ed Europa hanno protestato per gli arresti. Matteo Salvini, invece, ha spiegato che le manifestazioni non erano autorizzate e che, dunque, gli arresti sono giustificati.
Niente effetto Schulz nel Saarland
Il piccolo Lander del sud tedesco dove si votava per il rinnovo del parlamento locale. La CDU di Angela Merkel, che governava in coalizione con la Spd, ha vinto, guadagnando 5 punti percentuali, mentre il partito dell’ex presidente dle parlamento europeo ha perso pochi punti. Non è necessariamente un test nazionale, ma segnala che non c’è una dinamica clamorosa nello spostamento elettorale verso Schulz. Al dato negativo per la Spd si associa qullo dei Verdi, che non passano la sogila del 5% per eleggere rappresentanti e il successo della destra xenofoba di Alternative fur Deutschland, che ha preso il 6,2%.
I ministri europei, Dublino, la Libia e l’immigrazione
Oggi i ministri della Giustizia e degli Interni si vedono a Bruxelles per discutere – soprattutto – di come implementare l’agenda sulle politiche migratorie approvata a Malta lo scorso 3 febbraio. Tra le cose in agenda c’è il pessimo accordo con la Libia tanto cercato dal ministro degli Interni italiano Minniti e tanto criticato dalle organizzazioni umanitarie, la riforma del sistema di asilo comunitario (il sistema Dublino) e il rafforzamento delle frontiere esterne. Qui l’agenda del meeting.
Gli Usa contro l’Iran in Yemen?
Dopo la bruciante sconfitta sulla cancellazione tentata della riforma sanitaria Obama, la presidenza Trump cerca di rimettere assieme i cocci. Il mancato voto sulla riforma della riforma sanitaria segnala divisioni interne al suo partito che torneranno, con ogni probabilità, anche quando si tratterà di approvare la riforma fiscale trumpiana. A proposito di inversione di marcia rispetto a Obama, Trump sta chiedendo al Congresso di poter aiutare gli Stati del Golfo nella guerra in Yemen contro gli hutu – ne abbiamo parlato la scorsa settimana su Left. Obama ha già partecipato a quella guerra in qualche forma, ma la richiesta di Trump segnala la volontà di rendere la presenza più visibile e mostrare un atteggiamento più duro nei confronti dell’Iran. In questo senso è una inversione a U rispetto alle politiche del suo predecessore.
Due buone notizie londinesi
Sabato scorso a migliaia sono scesi in piazza per una manifestazione pro-Europa. Dopodomani il governo britannico farà scattare l’articolo 50 dei trattati europei che mette in moto il processo di Brexit.
Ieri questa catena umana di donne per la maggior parte musulmane, ha dato un segnale alla città: la comunità musulmana non è per niente contenta quando qualche terrorista decide di uccidere nel nome della religione.