«Solo l’Occidente conosce la storia», affermano le nuove indicazioni nazionali per la scuola d’infanzia e primaria varate dal ministro Valditara. Come se la Cina, l’India o l’Africa fossero senza storia e immemori. Basterebbe anche solo questo terribile esempio per far capire come i concetti di Oriente e Occidente siano funzionali a una narrazione ignorante quanto ideologica della storia e del presente. Il libro di Renata Pepicelli Né Oriente né Occidente, vivere in un mondo nuovo (Il Mulino) è un potente antidoto contro questa visione sclerotica del mondo e ci fornisce lenti nuove per leggere il complesso e fecondo meticciato in cui siamo immersi. Il nuovo che avanza è già qui. Nel multiculturalismo che colora l’arte, la vita nelle strade, le scolaresche di oggi. Da storica che lavora sui documenti ma anche facendo ricerca sul campo la docente dell’università di Pisa ne traccia un affresco affascinante in continuo divenire, dandoci strumenti di interpretazione sociologica, ma anche politica.
In attesa di incontrarla dal vivo (12 settembre) al festival Con-vivere di Carrara e ai Dialoghi di Trani (28 settembre) le abbiamo rivolto qualche domanda.
Professoressa Pepicelli le categorie di Oriente e Occidente sono da rottamare?
Oggi non sono assolutamente più efficaci per raccontare il mondo, la pluralità e le contaminazioni che caratterizzano gli spazi che noi abitiamo. A ben vedere, forse, non lo sono mai state. Non possiamo dimenticare che Oriente e Occidente, per come le usiamo oggi, sono categorie nate in epoca coloniale. Lo ha scritto in modo magistrale Edward Said. Con il suo libro Orientalismo (Feltrinelli, 1978) ha dimostrato che la nozione di Oriente è del tutto inventata. Usata in contrapposizione a Occidente è servita per giustificare una presunta superiorità morale di quest’ultimo ed è stata un viatico ai progetti colonialisti e imperialisti del cosiddetto Occidente e dell’Europa nell’Ottocento e già prima.
Oriente-Occidente sono parole impregnate di una visione eurocentrica della storia?
Sì. Pensiamo all’espressione Medio Oriente che tutti utilizziamo ogni giorno. Implica la prospettiva di chi divide il mondo in blocchi. Nell’800 l’Inghilterra usava questo approccio per fare conquiste e costruire il proprio impero. Ma anche la prospettiva italiana sul Medio Oriente ha questa accezione. Eppure questa terminologia, con tutto il suo portato coloniale, è riuscita ad arrivare fin qui. La continuiamo ad usare e addirittura l’hanno fatta propria gli stessi popoli colonizzati. Basti dire che











