Un brigare per banche piene di amici, come quell'imprenditore tutto teso a salvare le sue aziende e i suoi processi. Deludente è che una banda di amici con la responsabilità di risollevare un Paese abbia avuto così tanto tempo per scorrazzare su questioni attinenti al proprio cortile

Facciamo finta davvero che le risultanze della commissione parlamentare sulle banche non smentiscano in toto le parole di chi ci ha fatto credere per mesi di non avere mai “interferito” grazie al proprio ruolo politico nell’eventuale salvataggio della “banca di famiglia” (e invece è vero) e facciamo anche finta che non sia terribilmente patetico costruire una “difesa” che si fa forza sulle “cento sfumature di insistenza” come se un elemento di spicco del governo (e del partito di maggioranza nonché della cerchia amicale del proprietario di quel partito) possa avere sull’amministratore delegato di un istituto bancario la stessa presa di un metalmeccanico esodato e sia tutto riducibile al lessico usato e nient’altro.

Facciamo anche finta che non conti il goffo atteggiamento di una cerchia magica ormai sull’orlo del dirupo che si sforza di paventare elementi di prova che ormai non strappano più di qualche sorriso ai loro ex sodali (e peggio ancora ai vecchi nemici) come accade a quei bulletti ormai caduti in disgrazia che alzano la voce perché non si senta nulla, mica per farsi sentire.

Facciamo anche finta che non sia odioso questo provincialismo da scolaresca in gita per cui sono anni che i nomi e i cognomi sono sempre gli stessi, cresciuti insieme a una manciata di chilometri di distanza, come se l’essere amici sia il tratto distintivo e il prerequisito essenziale di una classe dirigente.

Facciamo anche finta che la commissione parlamentare che avrebbe dovuto e dovrebbe indicarci le cause, le falle e i mancati controlli di un sistema bancario che fa acqua da tutte le parti davvero stia riuscendo nella mirabolante impresa di parlare di tutt’altro come se una Boschi qualsiasi possa essere da sola la scintilla di una serie di crac che meriterebbe ben altro coraggio nel trovare risposte.

Ciò che è certo e indiscutibile è che questi che governavano fino a poco fa, questi che avrebbero dovuto portare l’Italia nel futuro, questi che promettevano un’Italia protagonista nello scacchiere europeo, questi che ci hanno promesso una scuola finalmente moderna e un lavoro finalmente in ripresa e un’economia davvero in risalita, questi in realtà hanno avuto un’irrefrenabile passione per una banca fino ad allora sconosciuta come se fosse il ganglio del benessere nazionale: un brigare tra amici per banche piene di amici, esattamente come quell’imprenditore tutto teso a salvare le sue aziende e i suoi processi. Deludente è che una banda di amici con la responsabilità di risollevare un Paese abbia avuto così tanto tempo e così tanti modi di scorrazzare su questioni attinenti al proprio cortile disconoscendo il principio di opportunità, trovando per Banca Etruria il tempo, la capacità di dialogo e la capacità di ascolto che è mancata sulle povertà, sui diritti dei lavoratori, sulla cura del territorio e molto altro. E il senso dell’opportunità, purtroppo, si deteriora in modo direttamente proporzionale alla crescita del proprio potere e lì dove ci dovrebbe essere cautela ancora oggi, ancora adesso, si sentono gli strepiti di un’adolescente sfrontatezza.

Buon giovedì.