La Grecia è ufficialmente fuori dal memorandum – una recente decisione dell’Eurogruppo ha differito al 2032 l’inizio del ripianamento di parte del debito – ma anche la stampa “amica” di Tsipras non può fare a meno di interrogarsi se davvero riuscirà realmente a lasciarsi dietro le spalle, «seppur gradualmente», otto anni di austerità, disoccupazione, emigrazione, miseria, suicidi, morti per malasanità e psicofarmaci a go-go per chi sopravvive. L’economia greca è stata distrutta per un quarto dall’inizio del “salvataggio”. Se il Pil cresce del 2% è comunque il 20% sotto quello del 2010. Le entrate dei greci sono crollate del 38,3%, il tasso di povertà si attesta al 22%, il sistema pensionistico pubblico ha subito tagli del 14 % e la maggior parte dei pensionati hanno perso un terzo del loro potere d’acquisto, il 30% delle imprese ha chiuso, gli investimenti delle imprese sono crollati del 60%, il tasso di disoccupazione supera il 20%, il debito pubblico è superiore al 178%, molti greci non hanno altra scelta che emigrare. Dei 260 miliardi di euro “prestati” dai creditori, l’89,7% è servito per ripagare i debiti.
Nel primo trimestre del 2018, il rapporto debito/Pil, al 180%, da solo svela l’imbroglio con cui sono stati imposti i memorandum. Nel 2009, infatti, il debito greco era una montagna di 301 miliardi di euro, il 126% del Pil e, grazie alle misure draconiane imposte dalla troika ha toccato quota 325 miliardi, per non parlare dell’indebitamento delle famiglie. «Un successo innegabile!», osserva da Atene, con amaro sarcasmo, Tassos Anastassiadis, esponente di Antarsya, la coalizione della sinistra alternativa. L’uscita dal commissariamento non significa fermare gli “impegni” e gli effetti strutturali delle “riforme”. «Da un lato, gli “impegni” sono stati presi fino al 2060, a partire da un ulteriore calo delle pensioni nel 2019 – ricorda Anastassiadis – dall’altra, vi è la continuazione delle “riforme” già programmate e “liberamente concordate”, in termini di vendita di spazi pubblici, concorrenza, flessibilizzazione del lavoro, ecc…». Anche Eduardo Garzòn, a cui dobbiamo le cifre economiche citate in testa, avverte che «chi crede che sia una buona notizia è perché non ha letto o capito la letra pequeña, le clausole scritte in piccolo, dell’ultimo salvataggio: la Grecia è obbligata a registrare un avanzo di bilancio primario (esclusi gli interessi sul debito) del 3,5% del Pil su base continuativa fino al 2022 e 2,2% fino al 2060».
Tsipras cita Omero per la ripartenza
Per l’occasione, il premier Alexis Tsipras non lesina citazioni dalla mitologia e dalla letteratura classica nel salutare la fine dei programmi di assistenza internazionali che, se da una parte hanno evitato la bancarotta, dall’altra hanno devastato la società ellenica con riforme durissime. Parlando simbolicamente da Itaca – in camicia davanti al golfo della piccola isola ionica – Tsipras si è rivolto in video ai greci affermando che il Paese ha superato la sua «Odissea moderna» iniziata nel 2010, e la fine dei piani di aiuti internazionali segna «un giorno nuovo, un giorno di redenzione, ma anche l’alba di una nuova era». In oltre sette minuti carichi di riferimenti omerici ed evocando viaggi su mari tempestosi, il premier ha spiegato che «i salvataggi dalla recessione, l’austerità e la desertificazione sociale sono finalmente finiti. Il nostro Paese riconquista il suo diritto a disegnare il proprio futuro». «Abbiamo lasciato le Simplegadi alle nostre spalle», ha aggiunto, in riferimento alle mitiche rocce del Bosforo che, cozzando tra di loro, impedivano il passaggio delle navi. Il premier greco ha quindi rivendicato l’opera del suo esecutivo, che a suo avviso ha compiuto la missione che si era prefisso nel 2015, «portare il Paese fuori dalle restrizioni dei memorandum e dall’austerità senza fine».
Ricordando i drammi economici e sociali di questi anni («Un viaggio che non è mai stato facile, ma ha sempre avuto una destinazione, anche nei giorni più bui, nelle tempeste più forti»), Tsipras ha detto che «abbiamo sentito le Sirene del “tutto inutile” molte volte: che le cose in Grecia non cambieranno, che i memorandum saranno qui per sempre, che non ha senso resistere contro Lestrigoni e Ciclopi, bestie contro le quali la piccola e debole Grecia non avrebbe mai potuto vincere. In questo punto di partenza, non commetteremo l’hybris (l’insolenza, la tracotanza) di ignorare le lezioni dei memorandum. Non ci faremo trascinare dall’oblio, non diventeremo lotofagi. Non dimenticheremo mai le cause e le persone che hanno portato il paese ai memorandum. La protezione della grande ricchezza dalle tasse, l’intreccio di interessi e la corruzione diffusa, l’impunità di una serie di gruppi di affari e dell’editoria che per anni credevano il paese gli appartenesse, il cinismo e il disprezzo di un’élite politica che credeva la Grecia fosse un feudo e i greci i loro docili soggetti». E, ha aggiunto, non ci dimenticheremo chi all’estero ci dileggiava e chi ci ha sostenuti. Il premier ha poi concluso ricorrendo di nuovo all’Odissea: «Adesso abbiamo nuove battaglie davanti a noi. I proci contemporanei sono qui e ci sono davanti. Sono quelli che vorrebbero vedere di nuovo la barca verso il mare e la gente di nuovo nella stiva. Quelli che hanno costruito “a loro immagine e somiglianza” la Grecia della corruzione, degli interessi e del potere dei pochi. Coloro che vogliono poter indisturbati evadere le tasse, fare i parassiti a scapito dell’interesse pubblico, avere i propri off-shore e depositi all’estero. Coloro che si considerano al di sopra di qualsiasi legge e norma. E tremano all’idea di una giustizia indipendente. Non lasceremo Itaca nelle loro mani. Ora che abbiamo raggiunto la nostra meta desiderata, abbiamo la forza di rendere la nostra terra come essa merita. Perché Itaca è solo l’inizio».
Prossime fermate: il rimpasto di governo e il programma economico per il 2019, anno delle elezioni europee.
Nei sondaggi il centrodestra vola verso la maggioranza assoluta
A poco più di un anno dalle nuove elezioni, il trend sembra prevedere un ritorno al potere della destra conservatrice. Questo lo scenario degli ultimi sondaggi elettorali diffusi dai principali istituti demoscopici ellenici. Syriza, dopo il doppio successo alle due tornate elettorali del 2015, sembra ora in netto calo. Gli istituti demoscopici valutano il partito di Tsipras tra il 22 ed il 25%, ben lontano dal 36 e 35% registrato nelle due elezioni 2015 inframezzate dal referendum contro il memorandum vinto dai No col 61,31 % ma poi totalmente disatteso dal governo di Syriza. In molti lo lessero come una capitolazione alla logica del Tina (There is no alternative). Molto peggio va al suo partner di governo, ovvero i nazionalisti moderati di Anel, valutati al 2%, al di sotto della soglia di sbarramento del 3%. Chi si prepara a tornare al governo è Nuova Democrazia (Nd) dato al 36-37% col quale, grazie al premio di maggioranza (50 seggi) potrebbe assegnare al centrodestra quota 150, la maggioranza assoluta. Rinascerebbe il Pasok, i famigerati “socialisti”, seppure in un blocco di centrosinistra con Dimar e To Potami sondati al 10%. Appena un punto sotto ma in crescita, i neonazisti di Alba Dorata. La formazione guidata da Nikolaos Michaloliakos è valutata tra l’8 ed il 9%, e al 7% i comunisti del Kke, che ad oggi passerebbero dal 5.6 al 7%.
Le reazioni in Italia
«La Grecia esce dal programma internazionale di bail out gestito dalla troika e riconquista la propria autonomia dopo 8 anni. Le difficoltà non mancheranno ma intanto Tsipras ha salvato il suo Paese con riforme e senso di responsabilità. Chapeau», scrive su twitter l’ex premier ed esponente Pd, Paolo Gentiloni. Di tutt’altro avviso Stefano Fassina, deputato dichiaratemanete noeuro dentro Leu: «È immorale la propaganda che oggi arriva dai vertici della Commissione europea sulla Grecia. Uno spot in vista delle prossime elezioni europee. A Bruxelles hanno la faccia tosta di congratularsi con il popolo greco per il “successo” di un’offensiva che ha avuto soltanto il merito di salvare le banche tedesche e francesi. I programmi della Troika guidata dai più forti governi e interessi della Ue hanno inferto drammatici colpi alle fasce sociali più deboli e alle classi medie greche. Hanno devastato sanità pubblica, pensioni e diritti del lavoro, generato povertà diffusa, emigrazione di mezzo milione di persone, in larga parte giovani qualificati, privatizzato-svenduto asset publici preziosi. Ma, oltre alle macerie sociali, il dramma è che il debito pubblico è arrivato al 180% perché i programmi hanno portato il Pil a un crollo del 30%. Un »successo« che, come ha scritto il Fmi, lascia tale debito su un sentiero di insostenibilità, coperto nelle celebrate previsioni ufficiali da irrealistici obiettivi di avanzo primario al 3,5% del Pil per i prossimi anni e poi sempre sopra il 2%. La Grecia, in realtà, rimane agonizzante, prigioniera dell’austerità, senza significative prospettive di crescita. Serve alla Grecia e a tutti nella Ue una rotta alternativa all’ordo-liberismo del mercato unico e dell’eurozona. La Grecia, purtroppo, dimostra che, nel quadro dato, anche la sinistra migliore è costretta a attuare, in profonda contraddizione con il mandato democratico ricevuto, l’agenda liberista».