Abbiamo ancora negli occhi la bella immagine di un gruppo di donne che, nel maggio scorso nello storico quartiere Garbatella a Roma, contestava i militanti di CasaPound cantando Bella ciao. Per quella protesta pacifica, giorni dopo, sono state “invitate” a presentarsi in questura. In base a un provvedimento riservato a persone socialmente pericolose previsto dal Codice anti mafia. Da sempre le destre hanno cercato di mettere a tacere le donne. Ai loro occhi sono pericolose e pericoloso è quel canto dei partigiani che, negli anni, è diventato internazionale. Tradotto in ogni lingua da chi combatte contro i vecchi e i nuovi fascismi, ora è diventato anche un inno anti Trump nella versione cantata da Tom Waits nel disco di Marc Ribot.
Proprio per le sue radici storiche resistenziali e per il suo respiro europeo e internazionale ne abbiamo fatto il titolo di copertina per una pacifica e forte chiamata alle armi (della critica e della politica di sinistra) contro l’internazionale nera che si va organizzando in vista delle europee. Deus ex machina di quella adunata che va da Salvini ad Orbán e alla Le Pen, è il cattolico integralista e suprematista Usa, Steve Bannon. Putin, Assad, e Trump ne sono i numi tutelari.
Particolarmente inquietante in questo quadro appare la ricomposizione all’asse Italia-Austria-Germania (dell’Afd). E la sinistra cosa fa? Come si organizza per dare battaglia? Abbiamo cercato di raccontarlo in questo sfoglio, non riportando soltanto le proposte che hanno avuto più visibilità mediatica (a cominciare da quella di Varoufakīs), ma dando voce a esperienze di sinistra radicate nei territori; esperienze di base, di sinistra progressista, laica, plurale, molte delle quali nate dalle lotte delle donne. Colpisce però che mentre la crociata xenofoba, misogina e ultra conservatrice avanza, qualcuno a sinistra, in Italia (Fassina) e in Germania (Sahra Wagenknecht che è arrivata a dire «prima gli operai tedeschi»!) si lasci abbagliare dal mito sovranista, chiudendosi in una antistorica visione nazionalista, proprio mentre gli avversari - per paradosso - non esitano a varare una loro internazionale nera.
Così con il movimento lanciato da Fassina si torna a parlare di patria; parola che ha un alone nero nella Penisola che ha vissuto il fascismo. Di patria parlava il nazista e cattolico Heidegger. “Dio, patria e famiglia” è sempre stato il motto delle destre di regime, da Franco a Videla. E quelle parole riecheggiano oggi nei comizi di ministri della famiglia e di sottosegretari del governo giallonero che minacciano di voler cancellare conquiste come la legge 194. Riecheggiano nei discorsi del ministro dell’Interno Salvini che soffia sul fuoco della paura e della xenofobia, diffondendo deliranti teorie che parlano di complotti orditi dalle Ong per la sostituzione etnica degli italiani con i migranti. La creazione di un nemico esterno su cui scaricare tutte le responsabilità e il malcontento popolare, il razzismo, il nazionalismo conservatore, l’assistenzialismo, (comprese le promesse di condoni mentre si abbatte il welfare), l’attacco ai diritti delle donne e alla libertà di stampa compongono un quadro pieno di inquietanti analogie con gli anni Trenta.
A denunciarlo su queste pagine sono stati storici e filosofi come Luciano Canfora e Remo Bodei. Beninteso in Italia oggi le elezioni sono libere e non siamo sotto un regime, non c’è un partito unico né il duce. Ma noi denunciamo a tutta voce che è inaccettabile l’attacco ai diritti umani, civili e sociali a cui stiamo assistendo. I valori stessi della Costituzione sono minacciati. Basti pensare all’articolo 21. L’attacco alla libertà di stampa è cosa da regimi autoritari. Lo vediamo in Polonia e in Ungheria. E l’Italia non è esente. La Lega ha fatto di tutto per imporre come presidente Rai il sovranista Marcello Foa, sodale di Salvini ed estimatore di Bannon e Putin. E destano forte preoccupazione le dichiarazioni del sottosegretario Crimi che minaccia di mettere mano alle leggi sull’editoria per punire i giornali che mettono in cattiva luce l’azione del governo. Aleggiano fantasmi di bavagli e censure. Colleghi che fanno inchieste sulla corruzione e sul malaffare sono stati sottoposti a ripetute perquisizioni. Episodi denunciati anche dalla Fnsi. Lo stesso presidente della Repubblica nei giorni scorsi ha sentito il dovere di ribadire: «La libertà di informazione è architrave della Costituzione, essenziale per la democrazia, e bisogna contrastare qualsiasi tentativo di fiaccarne l’autonomia».
[su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 21 settembre 2018
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Abbiamo ancora negli occhi la bella immagine di un gruppo di donne che, nel maggio scorso nello storico quartiere Garbatella a Roma, contestava i militanti di CasaPound cantando Bella ciao. Per quella protesta pacifica, giorni dopo, sono state “invitate” a presentarsi in questura. In base a un provvedimento riservato a persone socialmente pericolose previsto dal Codice anti mafia. Da sempre le destre hanno cercato di mettere a tacere le donne. Ai loro occhi sono pericolose e pericoloso è quel canto dei partigiani che, negli anni, è diventato internazionale. Tradotto in ogni lingua da chi combatte contro i vecchi e i nuovi fascismi, ora è diventato anche un inno anti Trump nella versione cantata da Tom Waits nel disco di Marc Ribot.
Proprio per le sue radici storiche resistenziali e per il suo respiro europeo e internazionale ne abbiamo fatto il titolo di copertina per una pacifica e forte chiamata alle armi (della critica e della politica di sinistra) contro l’internazionale nera che si va organizzando in vista delle europee. Deus ex machina di quella adunata che va da Salvini ad Orbán e alla Le Pen, è il cattolico integralista e suprematista Usa, Steve Bannon. Putin, Assad, e Trump ne sono i numi tutelari.
Particolarmente inquietante in questo quadro appare la ricomposizione all’asse Italia-Austria-Germania (dell’Afd). E la sinistra cosa fa? Come si organizza per dare battaglia? Abbiamo cercato di raccontarlo in questo sfoglio, non riportando soltanto le proposte che hanno avuto più visibilità mediatica (a cominciare da quella di Varoufakīs), ma dando voce a esperienze di sinistra radicate nei territori; esperienze di base, di sinistra progressista, laica, plurale, molte delle quali nate dalle lotte delle donne. Colpisce però che mentre la crociata xenofoba, misogina e ultra conservatrice avanza, qualcuno a sinistra, in Italia (Fassina) e in Germania (Sahra Wagenknecht che è arrivata a dire «prima gli operai tedeschi»!) si lasci abbagliare dal mito sovranista, chiudendosi in una antistorica visione nazionalista, proprio mentre gli avversari – per paradosso – non esitano a varare una loro internazionale nera.
Così con il movimento lanciato da Fassina si torna a parlare di patria; parola che ha un alone nero nella Penisola che ha vissuto il fascismo. Di patria parlava il nazista e cattolico Heidegger. “Dio, patria e famiglia” è sempre stato il motto delle destre di regime, da Franco a Videla. E quelle parole riecheggiano oggi nei comizi di ministri della famiglia e di sottosegretari del governo giallonero che minacciano di voler cancellare conquiste come la legge 194. Riecheggiano nei discorsi del ministro dell’Interno Salvini che soffia sul fuoco della paura e della xenofobia, diffondendo deliranti teorie che parlano di complotti orditi dalle Ong per la sostituzione etnica degli italiani con i migranti. La creazione di un nemico esterno su cui scaricare tutte le responsabilità e il malcontento popolare, il razzismo, il nazionalismo conservatore, l’assistenzialismo, (comprese le promesse di condoni mentre si abbatte il welfare), l’attacco ai diritti delle donne e alla libertà di stampa compongono un quadro pieno di inquietanti analogie con gli anni Trenta.
A denunciarlo su queste pagine sono stati storici e filosofi come Luciano Canfora e Remo Bodei. Beninteso in Italia oggi le elezioni sono libere e non siamo sotto un regime, non c’è un partito unico né il duce. Ma noi denunciamo a tutta voce che è inaccettabile l’attacco ai diritti umani, civili e sociali a cui stiamo assistendo. I valori stessi della Costituzione sono minacciati. Basti pensare all’articolo 21. L’attacco alla libertà di stampa è cosa da regimi autoritari. Lo vediamo in Polonia e in Ungheria. E l’Italia non è esente. La Lega ha fatto di tutto per imporre come presidente Rai il sovranista Marcello Foa, sodale di Salvini ed estimatore di Bannon e Putin. E destano forte preoccupazione le dichiarazioni del sottosegretario Crimi che minaccia di mettere mano alle leggi sull’editoria per punire i giornali che mettono in cattiva luce l’azione del governo. Aleggiano fantasmi di bavagli e censure. Colleghi che fanno inchieste sulla corruzione e sul malaffare sono stati sottoposti a ripetute perquisizioni. Episodi denunciati anche dalla Fnsi. Lo stesso presidente della Repubblica nei giorni scorsi ha sentito il dovere di ribadire: «La libertà di informazione è architrave della Costituzione, essenziale per la democrazia, e bisogna contrastare qualsiasi tentativo di fiaccarne l’autonomia».