«Zingara. Venduta. Tossica! Le manette, le manette...». Quando è scesa dalla nave i parabolani gialloneri l’hanno accolta con insulti e minacce di stupro. Arrestata per aver portato in salvo vite umane, è stata investita da una sassaiola di parole violente. E poi quell’infame scatto rubato, quella foto segnaletica che in modo illegale è rimbalzata su siti e social con l’intento di mostrare Carola Rackete come una criminale, condannata prima di qualunque processo. (Con il gip di Agrigento che ha annullato l’arresto perché ha «agito per adempiere al dovere di portare in salvo i migranti»).

Se alla guida della Sea-Watch 3 ci fosse stato un uomo, lui avrebbe subito lo stesso linciaggio? No un capitano uomo non avrebbe avuto lo stesso inaccettabile trattamento.

È insopportabile per misogini e razzisti che una giovane donna, una brava e coraggiosa professionista, abbia osato fare quel che andava fatto in quelle circostanze: attraccare a Lampedusa per evitare che i 40 migranti a bordo (provati da torture e dalla estenuante attesa dopo continui rifiuti) facessero gesti estremi. Per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non c’era motivo di urgenza, non c’era uno stato di necessità perché, dice lui, a bordo stavano tutti fisicamente bene. Come se esistessero solo le malattie organiche, la fame e la sete. Come se non avessero avuto bisogno di cure mediche e psicologiche persone che - come la stessa capitana ha dichiarato - avevano cominciato a compiere gesti autolesionistici e avrebbero potuto tentare il suicidio.

È un’ideologia razzista, xenofoba, misogina, brutale e cieca quella che emerge dalle comunicazioni e dai provvedimenti di questo governo giallonero che, ancor più con il decreto bis, si accanisce contro Ong e migranti, additandoli come un pericolo, criminalizzando la solidarietà, negando i diritti umani. Con tutta evidenza, certi sovranisti non sopportano chi ha la pelle scura, chi appare differente per caratteri somatici, per cultura, per provenienza geografica. Non accettano il diverso da sé. Odiano i migranti. Odiano le donne.

Per questo Carola Rackete li manda fuori dai gangheri. Ai loro occhi è terribilmente pericolosa. Anche perché, con il suo semplice agire civile, si fa indirettamente interprete di una sfida culturale.

Con il loro quotidiano impegno umano e professionale in soccorso dei naufraghi, gli operatori delle Ong laiche fanno passare silenziosamente un messaggio: la verità umana non è il razzismo ma la solidarietà, non è la percezione delirante ma l’interesse verso l’altro, non è l’egoismo proprietario che fa alzare muri come quello che il leghista Massimiliano Fedriga vorrebbe costruire al confine con la Slovenia e come quello voluto da Trump al confine fra Usa e Messico, che è costato la vita a Oscar e alla piccola Valeria trovati senza vita, riversi sulla sponda del Rio Grande e a moltissimi altri migranti.

Come Mimmo Lucano (che a sua volta sta subendo un processo politico) Carola Rackete è una pericolosa sovversiva per coloro che vogliono farci credere che sia naturale una società capitalistica basata sull’esclusione, sul principio “vita mea mors tua”, sullo sfruttamento, sul profitto di pochi, sulla depredazione di intere regioni come quelle africane da cui sono costretti a scappare i migranti a cui Salvini e soci vorrebbero sbarrare la strada. Con particolare accanimento verso quelli salvati dalle Ong. La crociata leghista contro di loro - come è apparso in modo palese con il caso Sea-Watch 3 - è una questione del tutto ideologica. Infatti, mentre il ministro dell’Interno faceva il diavolo a quattro contro la capitana e il suo equipaggio, centinaia di migranti sono approdati sulle coste italiane a bordo di barchini, tratti in salvo dalla Guardia di finanzia e della Guardia costiera senza che il tuonante capo leghista si facesse vivo.

Nello sfoglio di questa lunga e articolata storia di copertina abbiamo portato alla luce tutte le incongruenze della sua politica, denunciando ad una ad una le fake news su cui ha basato la sua guerra alle Ong, ai migranti, ai diritti umani, quindi a tutti noi. Ma abbiamo anche portato in primo piano le crescenti e importanti voci di dissenso. Fra loro quella del medico di Lampedusa, l’europarlamentare Pd Pietro Bartolo che invita anche il suo partito a prendere posizione contro gli accordi sulla Libia e quella del fondatore di Emergency Gino Strada, che, intervistato da Left, avverte Salvini: «Il vento sta cambiando».

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L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 5 luglio 2019

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«Zingara. Venduta. Tossica! Le manette, le manette…». Quando è scesa dalla nave i parabolani gialloneri l’hanno accolta con insulti e minacce di stupro. Arrestata per aver portato in salvo vite umane, è stata investita da una sassaiola di parole violente. E poi quell’infame scatto rubato, quella foto segnaletica che in modo illegale è rimbalzata su siti e social con l’intento di mostrare Carola Rackete come una criminale, condannata prima di qualunque processo. (Con il gip di Agrigento che ha annullato l’arresto perché ha «agito per adempiere al dovere di portare in salvo i migranti»).

Se alla guida della Sea-Watch 3 ci fosse stato un uomo, lui avrebbe subito lo stesso linciaggio? No un capitano uomo non avrebbe avuto lo stesso inaccettabile trattamento.

È insopportabile per misogini e razzisti che una giovane donna, una brava e coraggiosa professionista, abbia osato fare quel che andava fatto in quelle circostanze: attraccare a Lampedusa per evitare che i 40 migranti a bordo (provati da torture e dalla estenuante attesa dopo continui rifiuti) facessero gesti estremi. Per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non c’era motivo di urgenza, non c’era uno stato di necessità perché, dice lui, a bordo stavano tutti fisicamente bene. Come se esistessero solo le malattie organiche, la fame e la sete. Come se non avessero avuto bisogno di cure mediche e psicologiche persone che – come la stessa capitana ha dichiarato – avevano cominciato a compiere gesti autolesionistici e avrebbero potuto tentare il suicidio.

È un’ideologia razzista, xenofoba, misogina, brutale e cieca quella che emerge dalle comunicazioni e dai provvedimenti di questo governo giallonero che, ancor più con il decreto bis, si accanisce contro Ong e migranti, additandoli come un pericolo, criminalizzando la solidarietà, negando i diritti umani. Con tutta evidenza, certi sovranisti non sopportano chi ha la pelle scura, chi appare differente per caratteri somatici, per cultura, per provenienza geografica. Non accettano il diverso da sé. Odiano i migranti. Odiano le donne.

Per questo Carola Rackete li manda fuori dai gangheri. Ai loro occhi è terribilmente pericolosa. Anche perché, con il suo semplice agire civile, si fa indirettamente interprete di una sfida culturale.

Con il loro quotidiano impegno umano e professionale in soccorso dei naufraghi, gli operatori delle Ong laiche fanno passare silenziosamente un messaggio: la verità umana non è il razzismo ma la solidarietà, non è la percezione delirante ma l’interesse verso l’altro, non è l’egoismo proprietario che fa alzare muri come quello che il leghista Massimiliano Fedriga vorrebbe costruire al confine con la Slovenia e come quello voluto da Trump al confine fra Usa e Messico, che è costato la vita a Oscar e alla piccola Valeria trovati senza vita, riversi sulla sponda del Rio Grande e a moltissimi altri migranti.

Come Mimmo Lucano (che a sua volta sta subendo un processo politico) Carola Rackete è una pericolosa sovversiva per coloro che vogliono farci credere che sia naturale una società capitalistica basata sull’esclusione, sul principio “vita mea mors tua”, sullo sfruttamento, sul profitto di pochi, sulla depredazione di intere regioni come quelle africane da cui sono costretti a scappare i migranti a cui Salvini e soci vorrebbero sbarrare la strada. Con particolare accanimento verso quelli salvati dalle Ong. La crociata leghista contro di loro – come è apparso in modo palese con il caso Sea-Watch 3 – è una questione del tutto ideologica. Infatti, mentre il ministro dell’Interno faceva il diavolo a quattro contro la capitana e il suo equipaggio, centinaia di migranti sono approdati sulle coste italiane a bordo di barchini, tratti in salvo dalla Guardia di finanzia e della Guardia costiera senza che il tuonante capo leghista si facesse vivo.

Nello sfoglio di questa lunga e articolata storia di copertina abbiamo portato alla luce tutte le incongruenze della sua politica, denunciando ad una ad una le fake news su cui ha basato la sua guerra alle Ong, ai migranti, ai diritti umani, quindi a tutti noi. Ma abbiamo anche portato in primo piano le crescenti e importanti voci di dissenso. Fra loro quella del medico di Lampedusa, l’europarlamentare Pd Pietro Bartolo che invita anche il suo partito a prendere posizione contro gli accordi sulla Libia e quella del fondatore di Emergency Gino Strada, che, intervistato da Left, avverte Salvini: «Il vento sta cambiando».

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 5 luglio 2019


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