Le attuali tecnologie permetterebbero di arrivare sul Pianeta rosso in 9 mesi, e con un’astronave nucleare ci vorrebbe molto meno. «È difficile e pericoloso ma sono sicura che non ci sarebbero problemi a trovare astronauti che accettino la sfida» dice Patrizia Caraveo, astrofisica dell’Inaf e divulgatrice

Abbiamo incontrato Patrizia Caraveo in occasione di un incontro organizzato da ArciAtea alla Casa della Cultura di Milano per ricordare Margherita Hack nel sesto anniversario della scomparsa. Amica e collega della Hack e come lei, oltre che astrofisica, divulgatrice d’eccezione in un Paese che ancora deve scoprire fino in fondo l’importanza della diffusione della cultura della scienza e del metodo scientifico. Patrizia Caraveo ci ha emozionato tutti leggendo all’inizio del suo intervento un brano della poesia che un altro grande astrofisico e divulgatore, suo marito Giovanni Bignami, scomparso prematuramente due anni fa, scrisse «per Marghe» per la festa dei suoi 90 anni. Caraveo, che è dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di astrofisica, ha da poco pubblicato per Raffaello Cortina Conquistati dalla Luna. Nel libro l’autrice ricostruisce in punta di penna, con estrema chiarezza e rigore scientifico, e il supporto di una ricca serie di suggestive illustrazioni, la storia del rapporto speciale che da sempre lega gli esseri umani alla Luna. Partiamo da qui, con lei, per il nostro viaggio immaginario nel cosmo attraverso i calendari lunari, il cannocchiale di Galileo, i racconti di Verne, la relatività di Einstein e le conquiste del XX secolo. Prossima fermata Marte.

Facciamo nostra la sua domanda che chiude la premessa al libro: Siamo stati noi umani a conquistare la Luna o è lei ad aver conquistato noi?
Ovviamente sono vere entrambe le interpretazioni. È vero che noi abbiamo conquistato la Luna ma è altrettanto vero che l’uomo ha sempre guardato con grande fascinazione alla Luna. Tutti hanno un rapporto emozionale con il nostro satellite sin da quando, nella notte dei tempi, veniva utilizzata come calendario. È così evidente nel cielo ed è così splendente che non si può non esserne colpiti. Dopo di che ciascuno di noi reagisce a modo suo. Ci si può accontentare di ammirarla oppure di farsi ispirare. Ci sono poesie dedicate alla Luna, fantastici pezzi musicali, canzoni, dipinti, romanzi di fantascienza (che è nata immaginando viaggi alla Luna). Oppure si può decidere di avere un rapporto razionale, studiando come si muove nel cielo, qual è il meccanismo che si cela dietro le eclissi, esplorandola. Passando così allo sviluppo tecnologico e all’astronautica. Dall’essere conquistati arriviamo alla conquista, attraverso le diverse branche del sapere.
Nel 1609 Galileo rischiò grosso guardando la Luna con il suo cannocchiale…
Galileo scrisse quello che lui vedeva. Lo descrisse benissimo. Sapeva perfettamente di descrivere qualcosa che non era consono e allineato con l’interpretazione aristotelica dei corpi celesti che era stata completamente sposata dalla Chiesa cattolica. Quando lui dice «che la Luna ha le montagne» sta andando in modo plateale contro la teoria che i corpi celesti siano sfere perfette. Se ne rende conto e spiega in modo molto dettagliato perché si è convinto di questa cosa. E nessuno lo ha mai contraddetto. Quando il cardinale Bellarmino chiese agli astronomi del Collegio romano di dare la loro opinione su quanto diceva Galileo, di controllare le sue affermazioni, essi risposero punto per punto che tutto quello che diceva lo scienziato pisano era corretto. Perché loro stessi si erano dotati di uno strumento simile a quello utilizzato da Galileo e avevano visto le stesse cose.
Bellarmino sapeva che Galileo aveva ragione?
Lo…

L’articolo è tratto dal numero di Left in edicola


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