«Me ne frego» dice Salvini citando Mussolini. «È finita la pacchia» urla ai naufraghi dopo avergli negato un approdo sicuro. E poi: «Non è roba nostra», riferito a migranti minorenni non accompagnati. Fino ad arrivare a sbeffeggiare un giovane attivista delle sardine per un suo momento di incertezza nel parlare in pubblico. Basterebbe questo suo linguaggio totalmente privo di empatia, che giustifica e fomenta l’odio e il razzismo, per fare del capo leghista un impresentabile. Oltre a rifiutare il contenuto violento delle sue parole, torniamo a smontare una per una le sue pericolose fake news a cominciare dall’invasione di migranti (che non c’è mai stata) che punterebbe alla sostituzione etnica dei bianchi, maschi, cristiani. Ma non solo. Qui ci siamo applicati a ripercorrere la sua lunga serie di fallimenti e gli innumerevoli disastri che ha combinato, soprattutto da ex ministro e vice premier, recando grave danno al Paese. Micidiali sono gli effetti dei due provvedimenti del governo giallonero che portano il suo nome. Il decreto Salvini “sicurezza e immigrazione” ha impresso una feroce stretta sui diritti cancellando i permessi di soggiorno umanitari e ha smantellato il sistema di accoglienza. In questo modo ha sospinto in una zona grigia i migranti, diventati “invisibili”, ha fatto crescere il numero degli «irregolari» e 15mila operatori, perlopiù giovani, rischiano di perdere il lavoro. Ben lungi dal rimpatriare 500mila persone senza permesso di soggiorno come aveva millantato con la sua politiche xenofobe, Salvini è solo riuscito ad andare a sbattere contro le leggi. La Cassazione ha confermato che la capitana Carola Rackete di Sea Watch non andava arrestata perché ha agito per portare in salvo dei naufraghi. E se nel caso della nave Diciotti, Matteo Salvini si è salvato dal processo per sequestro di persona grazie all’assist dei grillini e di Conte, diverso è il caso della Gregoretti, nave della guardia costiera italiana con a bordo più di cento naufraghi che lui, in quanto ministro dell’Interno, non poteva bloccare a bordo, come invece ha fatto. E poi dove era il «rilevante interesse pubblico» che avrebbe giustificato quell’azione? Quali erano i«diritti costituzionali preminenti» che rischiavano di essere lesi? Sulla nave non c’erano terroristi né armi. Quel gruppo di stranieri provati e vulnerabili quale pericolo potevano mai rappresentare per l’interesse pubblico? Salvini li ha usati come ostaggio per ridiscutere la ridistribuzione dei migranti. Se questo era lo scopo perché non si è mai impegnato per una revisione del trattato di Dublino quando era parlamentare europeo? La verità è che Salvini è stato un campione di assenteismo disertando ben 22 sedute come gli ha rinfacciato pubblicamente la ex parlamentare europea Elly Schlein durante la campagna elettorale per le elezioni in Emilia Romagna del 26 gennaio. Il fatto che Salvini abbia detto ai suoi in Giunta per l’autorizzazione a procedere di votare per mandarlo a processo la dice lunga: dice che il lupo intende vestirsi da pecora. Ma pur facendo la vittima sarà difficile coprire la realtà e la gravità dei fatti. A questo proposito è utile andarsi a rileggere un bel libro di Daniele Giglioli, Critica della vittima, in cui smaschera una pletora di ricchi e potenti che si sono finti martiri per ingannare e affermare un potere. Come insegnava già la favola di Fedro quello di uccidere la pecora e poi dire che gli aveva fatto un torto, non solo lei ma tutti i suoi avi, è un antico vizio di certi lupi. Che non hanno nulla dell’eroe ma sono solo dei prepotenti pericolosi. Forti con i deboli che impongono il daspo urbano ai più poveri, che multano chi protesta, come è accaduto a lavoratori e due studentesse a Prato colpevoli di aver manifestato pacificamente per strada e come paradossalmente rischia di accadere ai pastori sardi a cui la Lega di Salvini si era proposta come interlocutore, fingendo di sostenerne la lotta. Lupi travestiti da pecore che mentre fingono di fare gli interessi del popolo, propongono provvedimenti che aiutano solo le classi più agiate, come la flat tax e l’autonomia differenziata. Mentre fingono di lottare contro l’Europa dei mercati votano i trattati neoliberisti e sostengono il meccanismo europeo di stabilità (Mes) salvo poi mostrarsi smemorati. Il lavoro? Non lo creano interventi di Stato, ma solo i privati e le partite Iva ha detto Salvini a Porta a Porta in una delle sue innumerevoli comparsate in tv. Per non dire poi di certi lupi travestiti da agnelli che, sentendosi onnipotenti, pretendono «pieni poteri». Per nostra fortuna esistono ancora baluardi democratici e organi costituzionali come la Consulta che ha bocciato la proposta di referendum Calderoli che avrebbe rischiato di portarci dritti a un maggioritario secco all’inglese. Non è riuscita la spallata, il referendum è stato giudicato «manipolativo». Ora dopo che la Lega di Bossi è stata costretta a restituire 49 milioni (in comode rate), aspettiamo novità sul Russiagate che vede coinvolto - tra gli altri - l’ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini, quello che sulla sua scrivania in redazione alla Padania teneva foto di Hitler. C’è bisogno di dire altro su questi signori, muniti di rosari, che dicono di agire nel nome del popolo? [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 24 gennaio

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«Me ne frego» dice Salvini citando Mussolini. «È finita la pacchia» urla ai naufraghi dopo avergli negato un approdo sicuro. E poi: «Non è roba nostra», riferito a migranti minorenni non accompagnati. Fino ad arrivare a sbeffeggiare un giovane attivista delle sardine per un suo momento di incertezza nel parlare in pubblico. Basterebbe questo suo linguaggio totalmente privo di empatia, che giustifica e fomenta l’odio e il razzismo, per fare del capo leghista un impresentabile.

Oltre a rifiutare il contenuto violento delle sue parole, torniamo a smontare una per una le sue pericolose fake news a cominciare dall’invasione di migranti (che non c’è mai stata) che punterebbe alla sostituzione etnica dei bianchi, maschi, cristiani. Ma non solo.

Qui ci siamo applicati a ripercorrere la sua lunga serie di fallimenti e gli innumerevoli disastri che ha combinato, soprattutto da ex ministro e vice premier, recando grave danno al Paese.

Micidiali sono gli effetti dei due provvedimenti del governo giallonero che portano il suo nome. Il decreto Salvini “sicurezza e immigrazione” ha impresso una feroce stretta sui diritti cancellando i permessi di soggiorno umanitari e ha smantellato il sistema di accoglienza. In questo modo ha sospinto in una zona grigia i migranti, diventati “invisibili”, ha fatto crescere il numero degli «irregolari» e 15mila operatori, perlopiù giovani, rischiano di perdere il lavoro. Ben lungi dal rimpatriare 500mila persone senza permesso di soggiorno come aveva millantato con la sua politiche xenofobe, Salvini è solo riuscito ad andare a sbattere contro le leggi.

La Cassazione ha confermato che la capitana Carola Rackete di Sea Watch non andava arrestata perché ha agito per portare in salvo dei naufraghi. E se nel caso della nave Diciotti, Matteo Salvini si è salvato dal processo per sequestro di persona grazie all’assist dei grillini e di Conte, diverso è il caso della Gregoretti, nave della guardia costiera italiana con a bordo più di cento naufraghi che lui, in quanto ministro dell’Interno, non poteva bloccare a bordo, come invece ha fatto. E poi dove era il «rilevante interesse pubblico» che avrebbe giustificato quell’azione? Quali erano i«diritti costituzionali preminenti» che rischiavano di essere lesi? Sulla nave non c’erano terroristi né armi. Quel gruppo di stranieri provati e vulnerabili quale pericolo potevano mai rappresentare per l’interesse pubblico?

Salvini li ha usati come ostaggio per ridiscutere la ridistribuzione dei migranti. Se questo era lo scopo perché non si è mai impegnato per una revisione del trattato di Dublino quando era parlamentare europeo? La verità è che Salvini è stato un campione di assenteismo disertando ben 22 sedute come gli ha rinfacciato pubblicamente la ex parlamentare europea Elly Schlein durante la campagna elettorale per le elezioni in Emilia Romagna del 26 gennaio.

Il fatto che Salvini abbia detto ai suoi in Giunta per l’autorizzazione a procedere di votare per mandarlo a processo la dice lunga: dice che il lupo intende vestirsi da pecora. Ma pur facendo la vittima sarà difficile coprire la realtà e la gravità dei fatti.

A questo proposito è utile andarsi a rileggere un bel libro di Daniele Giglioli, Critica della vittima, in cui smaschera una pletora di ricchi e potenti che si sono finti martiri per ingannare e affermare un potere. Come insegnava già la favola di Fedro quello di uccidere la pecora e poi dire che gli aveva fatto un torto, non solo lei ma tutti i suoi avi, è un antico vizio di certi lupi.

Che non hanno nulla dell’eroe ma sono solo dei prepotenti pericolosi. Forti con i deboli che impongono il daspo urbano ai più poveri, che multano chi protesta, come è accaduto a lavoratori e due studentesse a Prato colpevoli di aver manifestato pacificamente per strada e come paradossalmente rischia di accadere ai pastori sardi a cui la Lega di Salvini si era proposta come interlocutore, fingendo di sostenerne la lotta. Lupi travestiti da pecore che mentre fingono di fare gli interessi del popolo, propongono provvedimenti che aiutano solo le classi più agiate, come la flat tax e l’autonomia differenziata.

Mentre fingono di lottare contro l’Europa dei mercati votano i trattati neoliberisti e sostengono il meccanismo europeo di stabilità (Mes) salvo poi mostrarsi smemorati. Il lavoro? Non lo creano interventi di Stato, ma solo i privati e le partite Iva ha detto Salvini a Porta a Porta in una delle sue innumerevoli comparsate in tv. Per non dire poi di certi lupi travestiti da agnelli che, sentendosi onnipotenti, pretendono «pieni poteri». Per nostra fortuna esistono ancora baluardi democratici e organi costituzionali come la Consulta che ha bocciato la proposta di referendum Calderoli che avrebbe rischiato di portarci dritti a un maggioritario secco all’inglese.

Non è riuscita la spallata, il referendum è stato giudicato «manipolativo». Ora dopo che la Lega di Bossi è stata costretta a restituire 49 milioni (in comode rate), aspettiamo novità sul Russiagate che vede coinvolto – tra gli altri – l’ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini, quello che sulla sua scrivania in redazione alla Padania teneva foto di Hitler. C’è bisogno di dire altro su questi signori, muniti di rosari, che dicono di agire nel nome del popolo?

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 24 gennaio

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