Il coronavirus o Sars-CoV-2 che provoca la malattia respiratoria chiamata Covid-19 ha iniziato a mordere duramente anche in Italia. I numeri cambieranno, il fenomeno crescerà ancora per poi ridursi sino a sparire. In Cina sembra stia iniziando una riduzione del numero di infezioni giornaliere. Le cose da fare sono note e con difficoltà, tra polemiche spesso strumentali, si stanno facendo.
Non ci sono soluzioni miracolose, amuleti, stelle più buone di altre o santi particolarmente benevoli cui appellarsi. I virus in queste cose sono molto democratici e non fanno distinzioni di censo, razza e confini geografici. Delicata, strategica e migliorabile la comunicazione istituzionale delle informazioni alla popolazione. Fuori controllo invece e con precise responsabilità editoriali e giornalistiche la cacofonia mediatica di cui colpevolmente fa comodo ignorare la grande pericolosità. Da segnalare un problema che è già serio e incide sulla diffusione dell’infezione: la crescente tendenza di alcune regioni e Asl ad agire autonomamente eludendo l’indispensabile coordinamento nazionale del ministero della Salute; prove generali degli effetti perversi del regionalismo differenziato.
Per meglio comprendere la situazione e favorire comportamenti corretti, è bene chiarire alcuni aspetti. Uno dei molti problemi è che il rischio percepito dalla popolazione di infettarsi è spesso più alto del rischio reale. Ciò è dovuto principalmente alla circolazione di informazioni errate e distorte in molti media e nei social. È questa la prima epidemia dell’era dei social; sarà importante vedere come e quanto questi hanno influito sui comportamenti della popolazione. Popolazione che non sempre ha gli strumenti per distinguere le informazioni corrette da quelle che non lo sono e si fida di ciò che vede, sente e legge.
Il titolone di Libero “Prove tecniche di strage” riferito alle iniziative del governo non è l’unico esempio di irresponsabile e criminale barbarie mediatica e sciacallaggio politico. Puntano a diffondere paura i molti rissosi dibattiti televisivi in cui non si distinguono le informazioni corrette dalle opinioni personali del tutto fantasiose di politicanti, esperti improvvisati, giornalisti tuttologi e personaggi improbabili di ogni genere. Questi avvoltoi mediatici sono e dovrebbero essere da tutti considerati e trattati come terroristi perché, letteralmente e nei fatti, pongono le basi e fomentano paure e terrore nelle fasce più vulnerabili della popolazione.
Stante la situazione ed essendo in ballo la salute di tutti, si ribadisce che l’unica soluzione per liberarsi di questa spazzatura è prendere in considerazione in primis le informazioni di fonte istituzionale internazionale, nazionale (ministero della Salute e Istituto superiore di sanità), regionale e i loro portavoce ufficiali. Utilissimo al riguardo è il manifesto in 10 punti del ministero della Salute recentemente aggiornato. Chiarezza dovrebbe inoltre essere fatta nell’uso di alcuni termini. Gli specialisti in virologia (virologi), spesso non medici, studiano in laboratorio i virus e alcune dinamiche di diffusione; gli specialisti in malattie infettive (infettivologi) sono i medici che materialmente curano i pazienti con malattie infettive; gli specialisti in igiene e sanità pubblica (igienisti) sono coloro che svolgono anche funzioni di direzione sanitaria degli ospedali e si occupano prioritariamente dell’organizzazione sanitaria in caso di epidemie.
Ognuno dovrebbe agire e parlare pubblicamente solo nell’ambito delle specifiche competenze senza interessate invasioni di campo. I veri esperti cui in questa fase si dovrebbe far riferimento sono gli igienisti perché è loro la responsabilità delle misure, essenzialmente organizzative, per contenere l’infezione. Ovviamente queste competenze devono essere integrate tra loro e con tutte le forze dello Stato e della società civile.
La messa in quarantena di decine di migliaia di persone pone la questione delicata, ma con risposte certe e ineludibili, del rapporto tra l’interesse del singolo e quello della collettività. L’ovvia risposta sarà molto meno accetta quando la diffusione della quarantena inizierà ad incidere seriamente sul tessuto sociale ed economico in termini di lavoro, commercio, funzionamento dei servizi, ecc. Qualche egoistica intolleranza inizia già a manifestarsi e una debolezza in questo ambito sarebbe devastante per tutti.
Il calo della Borsa e del Pil ci dicono invece che è già iniziata una nuova forma di lotta spietata tra interessi economici e salute pubblica. L’impatto sanitario crescente dell’epidemia lo sta sostenendo e lo sosterrà la sanità pubblica; le epidemie sono poco remunerative per il bulimico privato che preferisce i soldi facili e detesta i rischi. Trattasi di quella stessa sanità pubblica che negli ultimi decenni è stata nei fatti attaccata dalle politiche neoliberiste, sottofinanziata di decine di miliardi, con buchi spaventosi di personale, specialisti introvabili, un’età media dei medici sempre più alta, grandi differenze di efficacia tra le regioni, ecc.
Ma nonostante questo il sistema ancora regge per innegabile ed esclusivo merito del personale sanitario. A reggere l’acme dell’onda d’urto sono per ora i già stremati pronto soccorso; l’unico posto del nostro Paese dove comunque e sempre viene data una risposta concreta (anche se qualcuno si spazientisce di aspettare) ai bisogni di salute. Il nevralgico sistema di soccorso del 112 (ex 118) non se la passa meglio. Viste le già precarie condizioni e dato che anche i sanitari si ammalano è da vedere per quanto tempo reggerà il sistema. Le crisi hanno la cattiva abitudine di far venire a galla e peggiorare i problemi irrisolti. I vaccini hanno tempi tecnici di ricerca, sviluppo e sperimentazione poco comprimibili per cui le attese non saranno brevi.
Il messaggio fondamentale è semplice: avere fiducia in ciò che fanno e ci dicono le istituzioni sanitarie pubbliche facendo riferimento solo a loro per qualsiasi esigenza o dubbio. Fuori dei focolai si può fare una vita normalissima seguendo semplici precauzioni. Impariamo a riconoscere e a opporci a chi diffonde il virus della paura.
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Non ci sono soluzioni miracolose, amuleti, stelle più buone di altre o santi particolarmente benevoli cui appellarsi. I virus in queste cose sono molto democratici e non fanno distinzioni di censo, razza e confini geografici. Delicata, strategica e migliorabile la comunicazione istituzionale delle informazioni alla popolazione. Fuori controllo invece e con precise responsabilità editoriali e giornalistiche la cacofonia mediatica di cui colpevolmente fa comodo ignorare la grande pericolosità. Da segnalare un problema che è già serio e incide sulla diffusione dell’infezione: la crescente tendenza di alcune regioni e Asl ad agire autonomamente eludendo l’indispensabile coordinamento nazionale del ministero della Salute; prove generali degli effetti perversi del regionalismo differenziato.
Per meglio comprendere la situazione e favorire comportamenti corretti, è bene chiarire alcuni aspetti. Uno dei molti problemi è che il rischio percepito dalla popolazione di infettarsi è spesso più alto del rischio reale. Ciò è dovuto principalmente alla circolazione di informazioni errate e distorte in molti media e nei social. È questa la prima epidemia dell’era dei social; sarà importante vedere come e quanto questi hanno influito sui comportamenti della popolazione. Popolazione che non sempre ha gli strumenti per distinguere le informazioni corrette da quelle che non lo sono e si fida di ciò che vede, sente e legge.
Il titolone di Libero “Prove tecniche di strage” riferito alle iniziative del governo non è l’unico esempio di irresponsabile e criminale barbarie mediatica e sciacallaggio politico. Puntano a diffondere paura i molti rissosi dibattiti televisivi in cui non si distinguono le informazioni corrette dalle opinioni personali del tutto fantasiose di politicanti, esperti improvvisati, giornalisti tuttologi e personaggi improbabili di ogni genere. Questi avvoltoi mediatici sono e dovrebbero essere da tutti considerati e trattati come terroristi perché, letteralmente e nei fatti, pongono le basi e fomentano paure e terrore nelle fasce più vulnerabili della popolazione.
Stante la situazione ed essendo in ballo la salute di tutti, si ribadisce che l’unica soluzione per liberarsi di questa spazzatura è prendere in considerazione in primis le informazioni di fonte istituzionale internazionale, nazionale (ministero della Salute e Istituto superiore di sanità), regionale e i loro portavoce ufficiali. Utilissimo al riguardo è il manifesto in 10 punti del ministero della Salute recentemente aggiornato. Chiarezza dovrebbe inoltre essere fatta nell’uso di alcuni termini. Gli specialisti in virologia (virologi), spesso non medici, studiano in laboratorio i virus e alcune dinamiche di diffusione; gli specialisti in malattie infettive (infettivologi) sono i medici che materialmente curano i pazienti con malattie infettive; gli specialisti in igiene e sanità pubblica (igienisti) sono coloro che svolgono anche funzioni di direzione sanitaria degli ospedali e si occupano prioritariamente dell’organizzazione sanitaria in caso di epidemie.
Ognuno dovrebbe agire e parlare pubblicamente solo nell’ambito delle specifiche competenze senza interessate invasioni di campo. I veri esperti cui in questa fase si dovrebbe far riferimento sono gli igienisti perché è loro la responsabilità delle misure, essenzialmente organizzative, per contenere l’infezione. Ovviamente queste competenze devono essere integrate tra loro e con tutte le forze dello Stato e della società civile.
La messa in quarantena di decine di migliaia di persone pone la questione delicata, ma con risposte certe e ineludibili, del rapporto tra l’interesse del singolo e quello della collettività. L’ovvia risposta sarà molto meno accetta quando la diffusione della quarantena inizierà ad incidere seriamente sul tessuto sociale ed economico in termini di lavoro, commercio, funzionamento dei servizi, ecc. Qualche egoistica intolleranza inizia già a manifestarsi e una debolezza in questo ambito sarebbe devastante per tutti.
Il calo della Borsa e del Pil ci dicono invece che è già iniziata una nuova forma di lotta spietata tra interessi economici e salute pubblica. L’impatto sanitario crescente dell’epidemia lo sta sostenendo e lo sosterrà la sanità pubblica; le epidemie sono poco remunerative per il bulimico privato che preferisce i soldi facili e detesta i rischi. Trattasi di quella stessa sanità pubblica che negli ultimi decenni è stata nei fatti attaccata dalle politiche neoliberiste, sottofinanziata di decine di miliardi, con buchi spaventosi di personale, specialisti introvabili, un’età media dei medici sempre più alta, grandi differenze di efficacia tra le regioni, ecc.
Ma nonostante questo il sistema ancora regge per innegabile ed esclusivo merito del personale sanitario. A reggere l’acme dell’onda d’urto sono per ora i già stremati pronto soccorso; l’unico posto del nostro Paese dove comunque e sempre viene data una risposta concreta (anche se qualcuno si spazientisce di aspettare) ai bisogni di salute. Il nevralgico sistema di soccorso del 112 (ex 118) non se la passa meglio. Viste le già precarie condizioni e dato che anche i sanitari si ammalano è da vedere per quanto tempo reggerà il sistema. Le crisi hanno la cattiva abitudine di far venire a galla e peggiorare i problemi irrisolti. I vaccini hanno tempi tecnici di ricerca, sviluppo e sperimentazione poco comprimibili per cui le attese non saranno brevi.
Il messaggio fondamentale è semplice: avere fiducia in ciò che fanno e ci dicono le istituzioni sanitarie pubbliche facendo riferimento solo a loro per qualsiasi esigenza o dubbio. Fuori dei focolai si può fare una vita normalissima seguendo semplici precauzioni. Impariamo a riconoscere e a opporci a chi diffonde il virus della paura.
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