Gli insegnanti si attivano per la didattica a distanza, consapevoli che il web non può sostituire il rapporto in classe. Tra mini video via cellulare per i più piccoli e lezioni frontali su piattaforme digitali, lo sforzo è anche quello di dare certezze in un momento difficile

È la prima volta che accade nella storia della Repubblica: scuole e università chiuse. Una necessità per contrastare la diffusione del coronavirus. Di fronte alla sospensione delle lezioni fino al 3 aprile e di fronte all’attivazione delle «modalità di didattica a distanza» per gli otto milioni di studenti che rimangono a casa, come hanno reagito i docenti? Left ha compiuto un breve viaggio da Nord a Sud della penisola raccogliendo idee e storie che testimoniano ancora una volta quanto sia vitale il mondo della scuola.

A Lodi, in piena zona rossa dal 23 febbraio, Paolo Latella, professore di informatica all’Istituto tecnico economico A.Bassi e segretario regionale Unicobas, non esita a dire che «siamo in uno stato di guerra». «In questo momento bisogna stringere i denti – continua – e supportare anche psicologicamente i nostri studenti, loro hanno bisogno di noi. E l’unico mezzo che hanno per dialogare con noi è attraverso i mezzi informatici». Tra le prime reazioni sull’uso della tecnologia digitale per la didattica a distanza, va detto, ci sono state anche quelle di chi si è mostrato preoccupato per la piega che avrebbe potuto prendere la scuola: i prof come tutorial, le multinazionali della rete al potere ecc.

«È chiaro che l’empatia che si crea in classe non può essere sostituita definitivamente da un mezzo informatico, il rapporto tra insegnante e studente in classe è fondamentale», sottolinea Latella. Il quale però da settimane sta attivando la didattica a distanza attraverso Google Meet per le lezioni frontali, e anche attraverso il suo blog, in cui già da prima dell’emergenza scaricava appunti e materiali a cui i ragazzi possono attingere per svolgere i compiti a casa. «Paradossalmente anche l’uso di questi strumenti dimostra che è l’insegnante che deve gestire tutto e che quindi non si può sostituire con un video registrato su Youtube», conclude Latella.
Ma a volte l’impegno degli insegnanti si scontra con la realtà delle diseguaglianze sociali, come sottolinea una prof di Firenze…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 13 marzo 

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